“L’ulivo sa difendersi dal fuoco. E sa ricominciare. Ci vuole tempo, ma l’ulivo sa come si fa”. Sono ancora lì. Mentre intorno è iniziata la raccolta delle olive, gli alberi di ulivo sbranati dal fuoco di questa estate raccontano una storia di dolore e di rinascita. I tronchi vuoti, bruciati da dentro, il fuoco che si incanala e si prende la pianta dall’interno, consumando il corpo come un parassita.
E’ stato un mostro, il fuoco di questa estate. Ma gli alberi hanno resistito. “Vedere ardere un ulivo centenario è una cosa che ti chiude lo stomaco, soprattutto se quell’ulivo lo conosci da quando sei nato, e per trent’anni lo hai potato, lo hai pulito, ti ci sei arrampicato, ne hai raccolto il frutto, e quando non c’era niente di urgente da fare lo sei andato a trovare, a raccoglierci gli asparagi intorno, a riflettere seduto alla sua ombra”.
Sono lì sotto Montecelio, baciati dal sole di queste settimane e “coccolati” dalle cure di chi li ha cresciuti e ha tentato di salvarli. Le potature delle fronde, le olive da raccogliere sugli alberi che si sono salvati – ben pochi – e uno sguardo su quei tronchi, bruciati ma non vinti. Perché le radici spesso si salvano, e danno virgulti. E così il ciclo può ricominciare. Perché i veleni, l’urbanizzazione feroce, gli antiparassitari hanno fatto sparire tutto. Il fuoco ha tentato di dare il colpo finale. Ma l’ulivo sa ricominciare. Ci vuole tempo. Ma l’ulivo sa come si fa.
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