Impianto, ricorso al TAR di Legambiente e altre associazioni. Rubeis: “Apprezzo la scelta. Il nostro resta il primo no alle 190 mila tonnellate”. Basteranno le carte bollate a fermare le ruspe?

In Ambiente & Territorio, Cronaca & Attualità, Politica, Primo Piano, Salute & Dintorni da Yari Riccardi Commenti

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Ancora ricorsi – e sarebbe strano il contrario, visto il mistero, gli equivoci e gli schiaffi arrivati dalla Regione negli ultimi mesi – contro l’impianto di TMB che andrà a colpire Guidonia e il sito del parco archeologico dell’Inviolata. Scendono in campo le associazioni ambientaliste, quelle che da anni si battono per un ambiente più salubre: Legambiente Lazio, il circolo Legambiente di Guidonia, l’Associazione “Amici dell’Inviolata”, l’Associazione culturale “Insieme fra la Gente”, il “Comitato Cittadino di Marco Simone”. Sono questi gli enti che hanno presentato un nuovo ricorso al TAR del Lazio – dopo quello dell’amministrazione comunale – per ottenere la pronuncia di nullità, ovvero di annullamento, della Determina 1869 del 2 agosto 2010 con la quale è stata concessa l’Autorizzazione Integrata Ambientale al progetto presentato dal Consorzio Laziale Rifiuti per la realizzazione dell’ormai famigerato  impianto di trattamento meccanico-biologico di rifiuti urbani non pericolosi.

Legambiente Lazio e il circolo di Guidonia non sono certo nuove a tentare la battaglia anche a colpi di carte bollate: le due associazioni si erano schierate conto il Decreto

Commissariale n.93 del 16 ottobre 2007 che prevedeva un impianto di trattamento di rifiuti nel Parco dell’Inviolata; il ricorso attuale è un nuovo tentativo per chiudere “il capitolo della discarica dell’Inviolata – spiegano i responsabili – e per mettere in atto una strategia moderna, efficace, efficiente, economicamente e ambientalmente sostenibile per la soluzione del problema dei rifiuti”. Una strategia che sarebbe importante a Guidonia, dove tuttavia gli interessi sui soldi dell’immondizia e dell’indotto relativo sono molto più forti del diritto alla salute. E dove spesso i poteri forti arrivano prima delle ragioni di una amministrazione, delle associazioni e dei cittadini.

“Purtroppo avevamo ragione noi – dichiara Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio – i lavori per allargare la discarica dell'Inviolata sono in corso, la nuova buca è scavata e il telo in plastica posato. Gli abitanti di Guidonia sono stati presi in giro ancora una volta. È proprio vero: l’impianto di trattamento rifiuti che non abbiamo mai voluto protrarrà per molti anni il problema della discarica   Ma non ci arrendiamo, per chiudere davvero quella ferita, abbiamo deciso di ricorrere nuovamente al Tar: percorriamo la via dei tribunali in assenza delle scelte della politica per porre con forza il problema. La via da seguire è chiaro che è un’altra, quella della raccolta differenziata domiciliare, eliminando i cassonetti dalle strade e raccogliendo anche l’organico, riducendo così davvero il residuo a numeri ben più piccoli di quelli in discussione. Nelle prossime settimane analizzeremo il Piano rifiuti regionale per verificare che preveda davvero obiettivi, tempi e investimenti in questa che è l'unica direzione possibile”.

Una storia, quella della discarica dell’Inviolata, che è emblematica. “Nasce fuorilegge – spiega Parlati – poi è divenuta temporanea ed estesa più e volte in un territorio che negli anni ha visto crescere la popolazione con decine e decine di migliaia di persone che oggi vi abitano a ridosso”. Nel 1986 fu affidata dall’amministrazione comunale la concessione per disinquinare e bonificare il sito, poi in seguito fu ancora l’amministrazione comunale a rilasciare la prima autorizzazione temporanea a gestire l’invaso. Il resto degli anni sono storia di proroghe su proroghe, fino a far diventare il tutto una montagna di rifiuti di altezza importante: l’emergenza rifiuti con cui da anni combatte – si fa per dire – il Lazio ha portato all’autorizzazione di un sesto invaso. E dire che il passato piano rifiuti della Regione Lazio – giunta Marrazzo – parlava ancora dell’eventualità di una chiusura del sito. Fantascienza, a pensarci oggi.

I numeri, quelli dell’impianto, sono ormai noti: l’autorizzazione concessa prevede la costruzione di un impianto di trattamento di rifiuti indifferenziati da 190.000 tonnellate e di un impianto di trattamento della frazione organica dei rifiuti da 27.000 tonnellate. “Da questi due impianti esce solo una minima quota – afferma Stefano Roggi, presidente del circolo Legambiente Guidonia – di materiali ferrosi recuperabili. Il resto dei materiali in uscita consiste in circa 40.000 tonnellate annue di CDR da incenerire e un “residuo” di circa 120.000 tonnellate, tra Frazione Organica Stabilizzata (FOS) e residuo vero e proprio, con la necessità di aprire ulteriori invasi in cui riversare, per i prossimi 30 anni, il 65% circa dei rifiuti trattati”.

Risulta evidente come l’attuale ricorso si lega al precedente che riteneva illegittima l’autorizzazione ad aprire un impianto di trattamento rifiuti e relativa discarica all’interno di un Parco Archeologico, dove il Ministero dei Beni Culturali diede parere negativo alla localizzazione di una discarica in tale zona, e dove nel 1996 la Regione, istituendo con legge propria il parco, affermava l’incompatibilità della discarica e ne disponeva la rapida chiusura con bonifica del territorio. Nel 1999 la Soprintendenza Archeologica del Lazio scriveva che “allungare i tempi di utilizzo dell’impianto di discarica comporta un indubbio danno ulteriore al Parco Archeologico e all’ambiente circostante”. Se ciò non bastasse – e anche questo è emblema del sistema italico – con due righe nella Finanziaria 2005 “fu sostituita l’originaria cartografia del Parco tagliandone il perimetro per lasciare fuori la discarica e lo spazio necessario per l’impianto”. Quando si dice la casualità.

“Coerenti con il nostro pensiero in tema di soluzione del problema dei rifiuti abbiamo deciso di impugnare questa Determina che approva impianto e nuove discariche che andranno a danneggiare 30 ettari di territorio del Parco, un’area protetta di grande valore per i cittadini di questo comprensorio – chiude  Roggi  – e ribadiamo che, anche dal punto di vista economico, l’investimento per un impianto di tale portata è in aperto conflitto con l’obbligo di attuare progetti la raccolta differenziata e che, come prescrive la

normativa, i sistemi di raccolta e smaltimento devono essere efficienti, efficaci ed economici. La logica dell’impianto a cui ci opponiamo è quella di ricorrere in eterno alla combustione e all’interramento di grandi quantità di rifiuti, una strada in controtendenza rispetto allo sviluppo sostenibile e onerosa dal punto di vista economico”. Questi atti, secondo Roggi, sconfessano le affermazioni di Rubeis che “in più occasioni e persino in Consiglio comunale, ha erroneamente affermato che Legambiente era favorevole all’impianto”.

E proprio Rubeis, chiamato in causa dalle associazioni, ha scelto il basso profilo per commentare il ricorso delle associazioni. “Apprezzo la scelta di Legambiente e degli altri enti di effettuare il ricorso contro l’Aia. Il loro è il secondo  no all’impianto da 190mila tonnellate in via di realizzazione nella discarica dell’Inviolata a giungere in sede di Tar, dopo quello del Comune, ormai dieci giorni orsono. Il nostro ricorso notificato a Regione e Colari lo scorso 12 novembre è pubblico, da domani consultabile sul Portale istituzionale www.guidonia.org. Mi auguro quanto prima di poter conoscere nelle motivazioni anche il documento prodotto dagli ambientalisti. Sono il sindaco di Guidonia Montecelio, nessuno più di me ha a cuore le sorti dell’ambiente, come nessuno più di me ha la responsabilità della salute dei cittadini. Per questo, prima di chiunque altro, ho detto no alle 190mila tonnellate, ricorrendo al Tar e affidandone il ricorso a Giuseppe Nerio Carugno, docente universitario, massimo esperto di leggi di tutela ambientale, consulente giuridico del ministro Verde Alfonso Pecoraro Scanio nel secondo governo Prodi”.

E quindi, ricapitolando: Rubeis dice no alle 190 mila tonnellate, gli ambientalisti anche. I lavori tuttavia partono e l’impianto sembra essere ormai inevitabile. Dice no anche il consiglio comunale, nella buona parte gli stessi che all’epoca si pronunciarono per il sì all’impianto, pur con tutti i vincoli che la Regione ha “dimenticato” di mettere nell’Aia (non che sarebbe cambiato molto). Poi arriva il piano rifiuti che mette paura con l’eventualità dei rifiuti romani all’Inviolata. Non è una telenovela, ma poco ci manca. Non sarebbe il caso di portare avanti una strategia comune? Errori ne sono stati palesemente fatti – e certamente non solo da oggi – e ora più che mai servirebbe una linea comune. E molte sarebbero le domande da fare. Resta una certa dose di indignazione, che è dura da mandare giù. Potremmo sotterrarla come i rifiuti, ma abbiamo visto con i nostri occhi  che dopo un po’ non basta più nascondere.

 

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