Da un lato il Procuratore della Repubblica Francesco Menditto e i due PM Andrea Calice e Luigi Pacifici. Dall’altro le difese dei dieci imputati alla sbarra per l’Operazione Ragnatela. Ha preso il via oggi l’atteso processo – giudizio immediato approvato a luglio dal Gip su richiesta della Procura – che vede coinvolti ex membri dell’amministrazione comunale di Guidonia, dirigenti, dipendenti comunali, professionisti e imprenditori, accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione, peculato e falso.
Alla sbarra ci sono l’ex vicesindaco Andrea Di Palma (ancora in carcere), l’ex segretario generale del Comune Rosa Mariani, gli ex dirigenti Gilberto Pucci e Gerardo Argentino, i funzionari Michele Maccaroni e Maurizio Rocchi. Con loro a processo tre professionisti e un imprenditore. Gli altri imputati, tra i quali il dirigente ai Lavori Pubblici Angelo De Paolis e l’ex consigliere comunale di maggioranza Alberto Morelli, saranno protagonisti dell’udienza del 19 ottobre, quella relativa ai patteggiamenti.
L’udienza. Come spesso accade in questi casi, il primo dibattimento è stato di natura prettamente tecnica. Le difese hanno richiesto lo stralcio di alcune pagine che il Collegio presieduto dal giudice Nicola Di Grazia ha concesso, a differenza di quanto accaduto poco dopo, quando gli avvocati degli imputati di associazione a delinquere (Di Palma, Mariani, Pucci – il cui legale non ha presentato istanza con i colleghi – e Maccaroni) hanno segnalato al Collegio la genericità dell’accusa contestata.
Istanza rigettata dal Collegio. “Il reato associativo è ampiamente dettagliato”. Il presidente ha poi segnalato il gran numero di testimoni – sono 155 quelli presentati dalle parti – tecnici e soggetti terzi. “Invito le parti a riconfigurare la lista”, ha spiegato Di Grazia prima di aggiornare il processo al prossimo 15 novembre, quando alle ore 12 e 30 verranno valutate e ammesse le prove e sarà calendarizzato il processo.
La parte civile. L’udienza è stata anche occasione per ufficializzare la costituzione di parte civile del Comune di Guidonia Montecelio, rappresentato in sede di processo dall’avvocato Emiliano Fasulo: un milione e mezzo di euro è stata la richiesta di risarcimento danni presentata dal legale – “cifra allo stato embrionale” – per le prestazioni non eseguite, per i maggiori esborsi causati dalle tangenti e per i danni d’immagine subiti dal Comune di Guidonia e dalla città tutta.
Da aprile ad oggi: la storia dell’Operazione Ragnatela. “Un’organizzazione criminale si è insediata all’interno del Comune di Guidonia Montecelio e, profittando della copertura offerta da ruoli amministrativi e politici di rilievo, ha depredato le risorse pubbliche e la fiducia dei cittadini, in un clima di connivenza e di omertà che ha offerto protezione ed impunità per anni ai partecipi del gruppo”: sono le parole del GIP del Tribunale di Tivoli contenute nell’ordinanza cautelare emessa lo scorso aprile su richiesta della locale Procura della Repubblica a raccontare il senso dell’Operazione Ragnatela.
Il Comando Provinciale della Finanza di Roma ha dato esecuzione il 20 aprile a 15 ordinanze di custodia cautelare, 12 in carcere – oggi solo Di Palma – e 3 ai domiciliari. Arresti e perquisizioni per un’operazione portata a compimento da 160 finanzieri. “Una ‘mafia bianca’ ha espugnato le istituzioni ergendosi a soggetto regolatore della vita pubblica ed economica di uno dei più importanti comuni della regione Lazio. Probabilmente è questa la linea di demarcazione più netta e significativa che l’Accusa ha inteso tracciare, nella propria richiesta di applicazione di misura coercitiva, tra la (purtroppo consueta) consumazione di reati da parte dei “colletti bianchi” e la costituzione di una “mafia bianca” che si struttura come gruppo criminale e che, mutuando le regole delle associazioni criminali, agisce con la disinvoltura e la protervia che solo i sodalizi mafiosi sanno praticare. .. L’azione delittuosa assume connotati di spontaneità che l’organizzazione sorregge e, al contempo, incoraggia. La certezza di operare in un contesto omertoso o, comunque, connivente radica nel partecipe la convinzione di un’immutabilità del quadro dell’agire. Ciascuno dei sodali acquisisce la certezza che il sistema «c’era, c’è e ci sarà» e che nessuna intrapresa investigativa o nessun sussulto di legalità potrà abbatterlo o, addirittura, scalfirlo: (EMERGE LA) stabilizzazione delle pratiche corruttive ed (IL) convincimento degli imprenditori che vi prendono parte di poter aggirare le conseguenze delle indagini penali con parziali ammissioni che non recidono i legami illeciti con il resto dell’organizzazione criminale”.
Questo un altro passaggio dell’ordinanza del Gip. In mezzo sequestri di beni agli imputati, decisioni del Riesame e interrogatori. Un processo che avrà molto da raccontare.
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