“Firme del 20% degli iscritti per candidarsi” E’ polemica nel Pd sulle primarie a Roma

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L'assemblea romana del Pd ha affrontato ieri sera la questione delle regole per la presentazione delle candidature per le primarie per la scelta del candidato sindaco. Secondo quanto apprende Omniroma, è stato messo ai voti un ordine del giorno che prevede la necessità di produrre almeno il 20 per cento di firme di iscritti al partito. Oppure 140 firme di esponenti dell'assemblea romana del Pd. Tenuto conto che gli iscritti sono circa 13mila, le firme di iscritti necessarie sarebbero 2600. Il voto si è svolto in tarda serata, alla presenza di una minoranza dei componenti dell'assemblea. Una decisione ha provocato malumori tra alcuni degli esponenti del partito pronti a correre per le primarie. Ecco l'articolo 2 della bozza di regolamento: "Nel rispetto dell'art. 18, c. 3 dello Statuto nazionale del Pd, gli iscritti al Partito Democratico possono avanzare la propria candidatura qualora essa sia stata sottoscritta da almeno il 35% dei componenti dell'Assemblea Cittadina di Roma ovvero da almeno il 20% degli iscritti al Partito Democratico romano, i quali risultino iscritti nell’anno precedente alla presentazione delle candidature e abbiano rinnovato l’iscrizione all'atto della sottoscrizione, nonché tutti i nuovi iscritti entro il 30 settembre 2012".
"E' chiaro che questa votazione avvenuta in tarda serata e alla presenza di una minoranza dei componenti dell'assemblea tradisce lo spirito delle primarie per restituire la palla al potere della burocrazia di partito, e nega di fatto il diritto di scelta ai cittadini e ai militanti -afferma Patrizia Prestipino – Il momento di grande sfiducia nella politica avrebbe richiesto, invece, un segnale di apertura – conclude Patrizia Prestipino – sarebbe ora di iniziare a ragionare nell'ottica del cittadino e non in quella delle solite logiche di apparato".  "Un partito che si chiude a fortino non mi piace. E' un peccato per la ricchezza del confronto. E' uno step che limita la partecipazione, il confronto democratico. Il quartier generale del Pd vuole tenere le maglie strette. Una scelta che, politicamente, giudico un errore. Ma comunque ci sarò. Sono dispiaciuto, ma il fatto non mi spaventa", dice invece Mario Adinolfi. "E' paradossale – dice Adinolfi – che per diventare candidato premier la maglie siano più lasche di quelle per correre alla carica di sindaco. Renzi per correre ha dovuto presentare 96 firme di esponenti dell'assemblea nazionale, per le primarie cittadine nel servono 146 dell'assemblea cittadina". Quanto poi a come si è arrivati alla presentazione dell'odg, aggiunge: "Ha votato una minoranza degli aventi diritto – dice – Ancora una volta la prova di scelte non operate in massima trasparenza. Hanno scelto di fare un'assemblea un po' mascherata. Ma non mi stupisco più di nulla. Da quando ho fondato il partito insieme a Veltroni ho lavorato per un Pd con finestre e porte spalancate. Questo resta mio impegno. Sono regole stringenti, che non mi piaccione in generale, ma non mi spaventano. Io ci sarò".  
"Non si tratta di essere favorevoli o contrari al 20% ma di applicare il regolamento nazionale. La sottoscrizione della candidatura da almeno il 20% degli iscritti al Pd romano, e' solo la riproposizione dell'articolo 18 dello statuto nazionale" e quindi "le polemiche sul regolamento per le candidature alle primarie sono frutto un po' di strumentalizzazione e un po' di scarsa conoscenza di quello che e' avvenuto". replica il segretario romano del Pd Marco Miccoli. "E' un articolo – ha spiegato Miccoli – che non possiamo cambiare. Le polemiche, sono strumentali e penso a Prestipino, che sicuramente in assemblea nazionale ha votato quell'articolo". Per Miccoli, si tratta quindi, "di una polemica inutile". 
"Io – ha proseguito ancora – ho preso l'impegno di verificare, con il Pd, la possibilita' di introdurre anziche' il regolamento nazionale, quello regionale ma il mio timore e' che ci risponderanno di no. E' comunque un tentativo che intendo fare, perche' l'assemblea me lo ha chiesto ma l'elemento nazionale vale più' di quello locale". Comunque, ha infine concluso il segretario romano Pd, "se il partito utilizza bene quelle percentuale si potrebbero mettere in campo sette candidati e non mi sembrano pochi".

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