Nello stesso giorno in cui i pm del caso Cucchi chiedono il rinvio a giudizio di sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari, emerge una storia simile, sempre ai danni di un giovane romano
Roma, 27 ott – Simone La Penna morì in carcere il 26 novembre 2009, un mese dopo Stefano Cucchi. Anche lui era dentro per possesso di stupefacenti. Sulla vicenda ha aperto un'inchiesta la magistratura: indagati, come nell'altro caso, medici e infermieri dell'ospedale Sandro Pertini. Non si tratta in questo caso di violenze in carcere, ma di negligenze sulla mancata tutela del suo stato di salute. L'ipotesi di reato è di omicidio colposo.
In carcere dal gennaio del 2009, Simone aveva passato molto tempo tra letti d'ospedale e la sua cella. Aveva già sofferto di anoressia in passato e aveva ricominciato a stare male in cella, tanto da perdere 30 chili in poco tempo. Rinchiuso nella casa circondariale di Viterbo era rimasto presso il nosocomio Pertini due giorni e poi rimandato dietro le sbarre. Secondo il pm Eugenio Albamonte, in base a quanto riportato dal Corriere, Simone era monitorato ma ci sono state vistose negligenze, a partire dall'evidente incomopatibilità dello stato di salute con il regime carcerario. Gli arresti domiciliari o l'affidamento a una struttura sanitaria erano stati più volte respinti.
La vicenda emerge nel giorno in cui è stato chiesto il rinvio a giudizio di dodici persone coinvolte nel processo per la morte di Stefano Cucchi, il giovane romano deceduto il 22 ottobre 2009 all'ospedale Sandro Pertini, sei giorni dopo il suo arresto. I pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy hanno chiesto il processo nei confronti di sei medici e tre infermieri dell'ospedale e di tre agenti penitenziari. C'è un tredicesimo imputato, il funzionario del Prap, il Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria, che ha optato per il rito abbreviato: per lui chiesti due anni di reclusione.
Il pm Vincenzo Barba nella sua requisitoria ha specificato: "Stefano non doveva essere portato all'ospedale Sandro Pertini, stante le molteplici fratture che aveva, avrebbe dovuto essere portato al pronto soccorso del nosocomio e non nella struttura protetta dello stesso dedicata ai detenuti. Sono evidenti le inadempienze del personale del Pertini: ciò che viene segnato nella sua cartella clinica è in aperto contrasto con quanto riscontrato dai medici del Fatebenefratelli e del carcere di Regina Coeli. Stefano viene isolato dal resto del mondo: non gli viene neanche concesso di parlare con il suo avvocato, benché lo avesse chiesto, né vengono informati i genitori delle sue condizioni di salute". L'altro pm Maria Francesca Loy prosegue: "Cucchi va in ospedale perché è stato picchiato, ma muore perché non è stato curato".
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