Roma, 22 ott – Era con la violenza, fino a farla abortire in un caso, che costringeva la convivente a praticare l'accattonaggio ma non risparmiava neanche i suoi tre figli minori a cui dispensava pugni, schiaffi e calci su tutto il corpo. S.G. un romeno di 35 anni per essere più convincente usava anche la cinghia dei pantaloni per i figli e una catena di metallo per la moglie. Terrorizzata e provata dalle angherie subite la donna fugge dalla casa mobile in cui viveva in via della Cesarina e denuncia l'accaduto alla Polizia Municipale. Nella sua denuncia la donna, che esercita la potestà genitoriale sui minori, fa trasparire anche il timore che i suoi tre figli possano esserle sottratti e condotti in Romania. Questo timore viene confermato dalle dichiarazioni del parroco della chiesa frequentata dalla signora e dalla Caritas diocesana di Roma dove la donna prestava opera di volontariato.Nelle dichiarazioni rese la donna denuncia anche un aborto a seguito delle percosse subite ed il completo isolamento a cui la costringeva l'aguzzino fino a privarla di ogni contatto con la sua famiglia di origine. La donna aveva anche trovato un onesto lavoro di collaboratrice domestica ma è stata "convinta", a forza di botte, a dedicarsi all'accattonaggio, attività considerata dal marito evidentemente più redditizia. Il Coordinamento Operativo Attuazione insediamento Nomadi, diretto dal comandante, Antonio Di Maggio, attiva immediatamente il suo ufficio di Polizia Giudiziaria che predispone una serie di servizi di appostamento per individuare S.G. Da poche ore si è giunti al fermo del romeno che, tra l'altro, costringeva i propri figli a vivere nella casa mobile anche in pessime condizioni igienico sanitarie. L'uomo è stato arrestato e condotto a Regina Coeli mentre i minori visibilmente provati dagli eventi sono stati rassicurati, confortati e trasportati insieme alla madre in un centro di accoglienza dell'amministrazione provinciale.
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