Guidonia / Caos cave, Lippiello: “A Guidonia la legge è differente dal resto del mondo e da Tivoli”

In Roma Est da Yari Riccardi Commenti

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Nell’attesa di ulteriori sviluppi di una vicenda, mentre ieri il Comune ha chiarito la sua posizione in merito alla situazione del settore estrattivo di Guidonia lanciando aperture da una parte e proseguendo sul sentiero delle ordinanze di revoca dall’altra, riteniamo importante fare il punto della situazione anche dal punto di vista degli imprenditori.

Lo ha fatto Filippo Lippiello, presidente del CVTR, nel corso di una conferenza stampa della scorsa settimana, in mezzo a quei quattro giorni di proteste che hanno segnato, piaccia o non piaccia, un evento storico per l’intera città.

“La documentazione è chiara, inclusi i verbali del tavolo regionale”. La crisi poggia le sue fondamenta nello scorso mese di gennaio, quando dal Comune sono arrivati i predinieghi per tutte le pratiche delle aziende estrattive. Una sequela di no.

“Le uniche autorizzazioni rilasciate sono state quelle regionali. Le motivazioni fornite dal Comune per i predienighi sono mutate nel tempo. Ogni volta che di fronte a una contestazione sono state fornite risposte risolutive della criticità allora si trovava un’altra e nuova contestazione fino all’incompatibilità urbanistica”.

Situazione dunque immediatamente critica, per la quale si è resa necessaria la convocazione del tavolo comunale. A un passo dal paradosso: non sono state rilasciate autorizzazioni per la proroga ed è stato perso il titolo per presentarla.

Ed ecco il primo affondo dell’imprenditore. “A cosa serve la pianificazione regionale che individua i siti se poi c’è chi dice che lì c’è l’incompatibilità urbanistica? Dopo il primo shock di marzo, le organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero ad aprile che ha condotto a un atto di indirizzo votato in consiglio comunale che impegnava il sindaco a dirimere le criticità”.

Da un lato le indicazioni del Consiglio, dall’altro la Regione con una interpretazione che il Comune di Guidonia non ha ritenuto valida. “Questo vuol dire che a Guidonia la legge cave è differente dal resto della regione oltre che da Tivoli”. A conferma di questo è arrivata solo due giorni fa la comunicazione da parte dell’amministrazione tiburtina del sì alla bozza di accordo di programma inviata dall’assessore regionale Manzella: evidentemente – ironizziamo, meglio sottolinearlo – gli stessi imprenditori del settore a Guidonia cavano in maniera non a norma, a Tivoli invece sono perfettamente in regola. Eppure il metodo estrattivo è lo stesso.

La fase critica è ad un passo. “Nonostante questo noi abbiamo continuato a credere nell’istituzione e abbiamo portato avanti il confronto fino al punto in cui un bel giorno si arriva alla vigilia della firma di un protocollo e la giunta invece impugna le verifiche di valutazione di impatto ambientale delle cave aprendo un conflitto istituzionale con la regione Lazio. In tutto sei impugnazioni. È chiaro che a quel punto il tavolo comunale perde la sua valenza”.

Comincia così il tavolo regionale. Le basi sembrano essere buone: l’obiettivo è lavorare a un accordo di programma che preveda controllo e vigilanza dell’attività estrattiva per l’ambiente e la sicurezza, un’azione di promozione per la filiera corta, il marchio del travertino e misure di internazionalizzazione.

Tutto bene, dunque. O perlomeno così sembrava. Al tavolo veniva poi previsto che il Comune avrebbe dovuto deliberare un atto di indirizzo per dettare i criteri delle domande di rinnovo e proroga delle cave. “Nel tavolo successivo, dopo l’incontro tra i tecnici, si avanzato di attivare proposte migliorative rispetto ad alcune criticità. Un’azienda presenta la proposta migliorativa, un’azienda invitata a protocollare una proposta già vista dal sindaco, dalle organizzazioni sindacali, dall’assessore all’ambiente, una proposta accolta e protocollata su invito del sindaco al tavolo regionale”.

La Regione mette a disposizione il personale per le verifiche sui piani di coltivazione e recupero ambientale: occorre sapere se siano conformi a quello originario. Prendono il via le verifiche su alcune aziende, “verifiche non in luogo – spiega Lippiello – ma che richiedono una documentazione complessa per la valutazione, si tratta di 11 tavole, cartografie e dati da consegnare entro 30 giorni, con la scadenza quindi a metà settembre”.

Il resto è storia tristemente nota. Le aziende vanno in vacanza, così come i lavoratori, pensando che l’iter intrapreso fosse quello finalmente giusto. Arriva il 10 agosto, ed arriva il primo atto di revoca, quello per la STR, di una autorizzazione per difformità del piano di recupero ambientale con quello presentato. L’azienda è stata l’unica ad aver presentato il piano. “Anche ammettendo che il Comune non lo reputi adeguato avrebbe dovuto chiedere una integrazione e non passare alla revoca. A quel punto ad agosto in tutte le aziende sulle quali pendono i predinieghi, si diffonde un allarme serio”.

Il resto è storia nota. Il 23 agosto al tavolo convocato dalla Regione il Comune di Guidonia arriva con sindaco, vicesindaco, assessore all’ambiente e i due presidenti delle commissioni Ambiente e Attività Produttive. “Il Comune sostiene e lo fa anche pubblicamente attraverso un comunicato stampa che l’azienda non ha presentato il piano. Una versione smentita dalle carte, dalle pec inviate compreso l’indirizzo del sindaco. E così l’amministrazione a quel punto sostiene che non sia sufficiente. È chiaro uno scollamento tra il tavolo e le azioni messe in campo dal Comune, così l’assessore Manzella chiede all’amministrazione l’impegno di adempiere a quell’atto di indirizzo. Il Comune chiede di accelerare l’accordo di programma che ha la scadenza fissata al 30 settembre e che prevede un calendario complesso per arrivarci: la Regione dice di no, le scadenze già ci sono e il percorso è già programmato. L’amministrazione viene smentita, dalle carte e dall’assessore regionale”.

Il resto è storia di questi giorni. “È partita una campagna diffamatoria nei confronti di un settore per generare procurato allarme e consentire all’amministrazione comunale di sostenere questioni chiuse. Non diciamo che l’attività estrattiva non sia impattante, ma non è possibile per chi ha responsabilità tecniche sostenere che una cava in attività non abbia un buco: se questo travertino sta qui non può stare lì. La proposta di ripristinare con terre e rocce prese da fuori è stata rifiutata: questo vuol dire che o perori l’abusivismo o non vuoi che si riempiano di nuovo”.

Una criticità evidente, che per Lippiello sta tutta sui piani di recupero, per i quali non è stato dato agli imprenditori il permesso di provvedere con materiali provenienti da fuori. “Qualcuno vuole che ci si porti l’immondizia? Noi no. Fateci rispettare la norma. Le cave di travertino si cavano così in tutto il mondo. Oggi qui non c’è solo chi cava, ci sono laboratori, chi fa movimentazione terra, chi ha ditte di appalto. Questo è il distretto industriale, altrimenti ci cancellano dal mondo con ricadute occupazionali e sociali devastanti. Noi con competenza e coscienza siamo aperti a qualsiasi proposta, pronti a proposte migliorative ma è necessario sapere entro quale confine percorribile. Le criticità si affrontano a cave aperte. È da qui che si realizzano i più grandi progetti al mondo”. Progetti e futuro che rischiano di crollare. E non per imperizia di chi ha costruito.

 

 

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