Regina Elena, individuata proteina da colpire nei tumori resistenti alla chemioterapia

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Roma, 03 set – "I risultati di un'importante lavoro condotto in prima linea da ricercatori dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Cancer Cell. Il lavoro individua la proteina Che-1 come possibile bersaglio per bloccare la crescita di cellule tumorali resistenti ai trattamenti chemioterapici. La proteina Che-1 identificata e clonata alcuni anni fa dagli stessi ricercatori del Regina Elena, svolge un ruolo fondamentale in caso di danno al DNA, promuovendo la trascrizione dell'ormai noto gene p53 la cui attivazione induce alla riparazione del DNA danneggiato o alla morte cellulare programmata (apoptosi) nel caso il danno sia irreparabile. In molti tumori tuttavia p53 è presente in una forma mutata, detta mtp53, che non solo non è più in grado di arrestare la crescita delle cellule malate, ma svolge anche un importante ruolo nel favorire la proliferazione tumorale". Lo comunica, in una noa, l'Istituto Regina Elena. "Forti delle scoperte precedenti su Che-1 – spiega Maurizio Fanciulli, responsabile del gruppo di ricerca – abbiamo voluto verificare se questa proteina fosse in grado di regolare anche la trascrizione di p53 mutata, ed abbiamo avuto risposte affermative. In pratica come Che-1 attiva p53 nelle cellule normali, allo stesso modo attiva p53 mutata nelle cellule cancerose. A questo punto – prosegue Fanciulli – abbiamo testato gli effetti del silenziamento di Che-1 su vari tipi di cellule, utilizzando la metodica dell'Rna interference. Questa tecnica sfrutta il fatto che piccole molecole di RNA (small interfering RNA – siRNA), complementari al tratto di RNA messaggero responsabile dell'espressione di una data proteina, sono in grado di interrompere il processo di traduzione, così che la proteina non può più essere prodotta. Quello che abbiamo osservato è che senza Che-1 le cellule tumorali che esprimono p53 mutata muoiono. In pratica, in assenza di Che-1, anche p53 mutata non viene più espressa, per cui si attivano nella cellula dei percorsi alternativi di riparazione del danno, che portano finalmente alla morte cellulare, arrestando la progressione del tumore e causandone addirittura la riduzione". "Il lavoro – aggiunge Fanciulli – conferma che i meccanismi che normalmente dovrebbero contrastare la crescita neoplastica sono spesso usati dai tumori a proprio vantaggio. Inoltre, poiché i chemioterapici standard basano la loro efficacia proprio sul corretto funzionamento del meccanismo di morte programmata innescato da p53, i nostri studi spiegano perché questi farmaci risultino così poco efficaci in tutti quei casi in cui nei tumori è presente p53 mutata".omniroma.it

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