Legambiente Guidonia scrive a Roma Est Magazine

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Egregio Direttore, nell'articolo, a sua firma, apparso sul suo quotidiano on-line il 3 agosto u.s., in cui riportava i contenuti del comunicato di Legambiente, Ella esprimeva alcune considerazioni relativamente al fatto che, per quanto riguarda le problematiche del cementificio, gli operai non sono stati interpellati, e che “ la Buzzi, piaccia o non piaccia, è stata e resta una risorsa economica per la città e negli ultimi anni ha compiuto piccoli passi avanti verso un minore impatto ambientale.”

Due argomenti pertinenti e complessi sui quali è opportuno fare qualche riflessione più approfondita rispetto ad un comunicato stampa che deve essere, per sua natura, sintetico e stringato e non permette riflessioni articolate.

Per far chiarezza mi sembra opportuno analizzare i problemi sotto tre profili diversi: cementificio, Buzzi, operai.

Il cementificio è stato, per molti anni, nel bene e nel male, piaccia o non piaccia, una risorsa economica per la città. E' stato….che lo sia ancora è un dato da dimostrare. Nel corso degli anni passati il cementificio è stato la fonte di reddito per un discreto numero di famiglie di Guidonia. Ma negli ultimi 20 anni i processi di automazione hanno drasticamente ridotto il numero dei lavoratori ed aumentato la quantità di territorio escavato e devastato. Parallelamente l'incidenza del numero degli impiegati del cementificio sulla popolazione totale di Guidonia si è drasticamente ridotto.

Oggi, nel 2011, è diventato necessario interrogarsi se il cementificio rappresenta ancora una risorsa economica per il territorio di Guidonia OPPURE SE E' IL TERRITORIO DI GUIDONIA CHE E' DIVENTATO UNA RISORSA ECONOMICA PER IL CEMENTIFICIO.

Devono entrare, nel tavolo della discussione, tutti i fattori rilevanti nel discorso di costi e ricavi. Tra questi fattori rilevanti ci sono: qualità della vita e rischi sanitari per tutti (abitanti di Guidonia e del circondario ed operai dello stabilimento) depauperamento e devastazione del territorio, perdita di possibilità di sviluppo alternative, costi sociali e sanitari relativi ad un ambiente ampiamente compromesso che non sono a carico di chi impatta ma di coloro che subiscono l'impatto.

In sintesi: si deve fare una valutazione economica dell'attività che metta sul piatto della bilancia costi e ricavi in termini non solo monetari ma anche di qualità della vita per le diverse categorie di cittadini e valutare se il bilancio è positivo oppure è negativo. Dobbiamo capire se continuare sulla strada delle cave, del cemento e della mondezza sia una via percorribile oppure non precluda l'accesso a diversi modelli di sviluppo molto più sostenibili: uno fra tutti il Parco Termale. Oppure anche il Parco Termale è una di quelle invenzioni propagandistiche della politica locale che fa annunci su annunci e poi non realizza nulla?

Un parco termale o la rivalutazione del patrimonio culturale di Montecelio e dell'Inviolata inserito in un percorso culturale sistematico con Tivoli-Villa Adriana non si sposa con lo spettacolo della devastazione operata dalle cave di travertino (ben visibile da Tivoli) o con quelle del cementificio (ben visibili da Montecelio).

In sostanza si deve decidere se questo territorio deve restare all'età della pietra di una economia basata sulla silice oppure deve viaggiare verso l'età del silicio.

E' evidente che il tema dell'occupazione va affrontato proprio nell'ambito delle prospettive territoriali. Intendiamoci: affermare che la continuazione delle attività estrattive e del cementificio costituisca sviluppo è azzardato. Al massimo significa un blocco allo status quo dal punto di vista occupazionale senza reali prospettive di incremento per il futuro prossimo o remoto.

In definitiva ci sembra che non sono le attività del cementificio o delle cave a produrre occupazione. Producono ricchezza per pochi ed in modo estremamente diverso. Anche qui occorre analizzare il costo sanitario, ambientale e sociale delle opportunità di lavoro offerte da queste attività.

Al problema della coesistenza con il cementificio si aggiunge il problema delle relazioni con la proprietà dello stabilimento e di quelli che sono i suoi piani di sviluppo degli utili.

La BU ha rilevato lo stabilimento tra il 1999 ed il 2001 (fusione per incorporazione della Unicem spa nella Buzzi spa). E' plausibile pensare che fin dal 1999 la Buzzi fosse a conoscenza degli impatti ambientali del cementificio sull'area di Guidonia. Ma è solo nel 2006, a seguito della necessità di aprire l'istruttoria per ottenere l'Autorizzazione Integrata Ambientale, che sono cominciati gli interventi di riduzione dell'impatto ambientale delle emissioni dai camini. Prima di tale data gli interventi fatti hanno riguardato modifiche finalizzate alla riduzione dei costi. Per inciso: il sistema di monitoraggio delle emissioni (SME) sarebbe stato installato solo nel 2007.

Se si volesse giustificare i tempi dilatati per intervenire sui presidi ambientali nello stabilimento di Guidonia giustificandolo con la necessità di pianificazione degli interventi occorre ricordare che, nel 2003, la BU ha presentato una richiesta per la costruzione di una centrale elettrica a turbogas principalmente a servizio del cementificio. Insomma: il piano per la costruzione di una centrale Buzzi-Eon era già pronto nel 2003 mentre quello di abbattimento delle emissioni è iniziato nel 2007. E' evidente quale siano le priorità della BU.

Nei piani Buzzi il cementificio DEVE diventare anche un inceneritore. Diciamo DEVE perché questa è la loro prospettiva.

Nel 2008 la BU ha firmato un protocollo in cui, all'art. 5 si parla di combustibili alternativi e CDR in cui si sarebbe impegnata a non utilizzare rifiuti nel forno senza il consenso dell'AC.

Nel maggio 2010, in un incontro, ha presentato il piano di sviluppo in cui si prevede di utilizzare rifiuti come combustibile anche Guidonia.

Lo sviluppo targato Buzzi-Unicem è quello dell'incenerimento dei rifiuti nei cementifici. Tutti gli stabilimenti che producono clinker devono utilizzare rifiuti come combustibile. La società BU si candida a diventare la regina degli inceneritori italiani: 8 stabilimenti che bruciano rifiuti o carbonverde!!!

Quindi non parliamo più solo di cementificio ma anche di inceneritore. La trasformazione in cementi-tore rappresenta solo un incremento delle casse aziendali della BU e non un incremento dello sviluppo e dell'occupazione nell'area di Guidonia.

Di questo si dovrebbe parlare anche con gli operai e con i sindacati. Non possono pensare di portare avanti una guerra di trincea che non porta a nessun futuro. E' nei momenti di crisi che si accompagna alla chiusura le attività obsolete o antieconomiche per la comunità e si progetta il futuro. E' ora di farlo anche a Guidonia.

Sarebbe bello se fosse l'Amministrazione a prendere l'iniziativa di una ampia e pubblica discussione sui temi dello sviluppo futuro. Ma così non è. Sembra che le maggioranze di governo di Guidonia si preoccupino di coltivare gli orticello senza guardare ad orizzonti più ampi. Insomma politica di scarso spessore per politici di scarso spessore. Guidonia non merita di meglio?

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