Folla. Quello che verrà ricordato di questo funerale sarà la chiesa di San Giuseppe Artigiano, a Villanova, piena di persone. E non parliamo delle autorità, politiche e militari, che pure c’erano, come era normale per una cerimonia funebre per un Servitore dello Stato. Vogliamo parlare delle persone comuni, di quelle che nella mattina del 13 agosto hanno sfidato il caldo, il tempo grigio, come se anche il cielo volesse essere in lutto, per salutare Massimo Calabrese, l’agente della Polizia Stradale che il destino, con le sembianze di una macchina fuori controllo, ha deciso di portare via alla moglie e alla figlia di 5 anni. Una cerimonia densa di emozioni, piena di rappresentanti delle forze dell’ordine, quei colleghi che conoscevano Massimo, e che in divisa, o in borghese, erano lì, sotto il sole cocente, ad aspettare che l’uomo uscisse avvolto nel tricolore, quando alla formalità del picchetto d’onore – sempre emozionante in questi casi – si sono mescolati gli applausi della gente comune. Quelle persone che dicevano di conoscere Massimo e la moglie, di averli visti più volte, di averci parlato. Persone che piangevano, che neanche riuscivano ad entrare in chiesa. Poliziotti con gli occhi gonfi di lacrime. In tutto questo quadro così triste, le parole di speranza del padre di Massimo, che sembrano rimettere in circolo un amore che sembrava bloccato con la morte di Massimo, quello stesso amore che la Polizia “prova – afferma il papà del poliziotto – per le persone che aiuta”. Un uomo forte, straziato dal dolore eppure lucido a tal punto da consolare gli altri. Tra gli applausi è finito il funerale, tra gli applausi la bara è stata caricata sul carro funebre. Suona strano che la vita per un poliziotto della Stradale finisca così, travolto mentre scrive un verbale. Forse fa parte del gioco, o forse è solo il destino. Un destino che sa essere beffardo, ingiusto, terribile, incurante delle famiglie mozzate da queste tragedie. Resta la certezza di aver fatto il proprio compito con onestà e coscienza. E quelle mani che battevano, quelle lacrime che scendevano, testimoniano che Massimo il suo lavoro lo ha svolto come si deve, fino all’ultimo posto di blocco.
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