Guidonia. A lezione di educazione civica dagli Indiani d’America

In Cronaca & Attualità, Primo Piano da Yari Riccardi Commenti

Condividi

“L’educazione dovrebbe cominciare con l’insegnare il valore della non violenza, che ha a che fare poi con tutto: con l’essere vegetariano, col rispettare il mondo, col pensare che questa terra non te l’han data a te, che è di tutti e tu non puoi impunemente metterti a tagliare e fare buchi”. Prendiamo spunto come spesso accade da una frase celebre – parole di Tiziano Terzani – per parlare dei fatti che accadono da queste parti. Parliamo di educazione, di cultura e di senso civico. Tutti valori che hanno un senso importante, e che si collegano mirabilmente fino a formare un solo termine. Lo chiameremo cittadinanza attiva, ma ognuno può tranquillamente chiamarlo come preferisce. Usiamo questa breve premessa per raccontare quanto accade dalla parti del comune di Guidonia, esattamente nel nucleo storico della città, tra il comune e piazza Due Giugno.


Un paio di anni fa scrivevamo questo: http://www.romaest.org/news/08/2010/siringhe-in-piazza-2-giugno-a-guidonia-vince-il-decoro-urbano/. Pensavamo francamente che dopo l’inaugurazione della piazza in questione, dopo il rifacimento, dopo i soldi spesi per riportare un minimo di decoro in quella zona sarebbero terminati gli atti vandalici contro certe costruzioni. Se due anni fa nel più completo abbandono della piazza fotografavamo siringhe, oggi ci troviamo a parlare di sedicenti graffitari, di personaggi che giocano a fare la rivoluzione deturpando luoghi pubblici peraltro appena rimessi a nuovo. Tutto pochi giorni dopo l’inaugurazione della piazza, e dopo le polemiche per il cancello notturno. Torniamo ai termini con i quali abbiamo aperto questa breve riflessione. Parole belle da pronunciare, purtroppo molto poco applicabili.

Educazione: valore che ha grosse difficoltà a trovare spazio a Guidonia. Salvo rare eccezioni, la città è in mano alla mala educazione che porta a fatti come questo, di gravità tuttavia minore rispetto a quanto accaduto con i caroselli post Europei, quando pochi teppisti, in preda all’esaltazione post partita decidevano, e questo è solo un esempio, di bloccare il traffico su via Roma, di girare a petto nudo, e, perché no, di giocare con le macchine e con le transenne. Ottimo modo per passare il tempo, ancora meglio davanti a quei pochi bimbi, accompagnati dai genitori, che volevano solamente agitare il tricolore. Non glielo hanno permesso. E’ facile quindi aspettarsi anche lo scarsissimo rispetto per un’opera pubblica. Tanto, mica è loro.

Rispetto del mondo, o della città dove uno abita o vive, o dorme o semplicemente passa per caso: non può esserci in un luogo che non ha neanche la cognizione di essere una sola città e non un agglomerato di quartieri. Come posso rispettare un qualcosa che a malapena conosco? Non posso, e infatti ecco le scritte sui muri in un luogo appena restituito alla città, le sgommate su via Roma, i caroselli vandalici, i parcheggi selvaggi, e tutto il resto delle cose che si vedono ogni giorno.

“…Pensare che questa terra non te l’han data a te, che è di tutti e tu non puoi impunemente metterti a tagliare e fare buchi…”. Non è tutto di tutti, anche se una piazza è il simbolo della collettività. E questo è chiaro. Però dall’altra parte possiamo pensare ad una proposta contraria: forse il problema non sta nel fatto che qualcuno possa pensare che un bene sia stato dato a lui. Il problema è proprio opposto: nessuno pensa che qualcosa di pubblico è anche suo. Ed ecco quindi le scritte sui muri della piazza. Lo scrivevamo sopra: non è mio, quindi lo distruggo. Tutto questo ha delle basi nella formazione di queste persone, formazione con evidenti lacune: sarà perché l’educazione civica a scuola non si fa più. Sarà che non ci sono figure di rilievo nella società civile, in quella politica, o sono sempre meno. La crisi non è solo economica, ma probabilmente anche e soprattutto di valori. I danni alla piazza sono solo parte di un disagio diffuso e malcelato, che si vede nelle strade e si sente nell’aria.

“Il compito principale dell’educazione è soprattutto quello di formare l’uomo, o piuttosto di guidare lo sviluppo dinamico per mezzo del quale l’uomo forma se stesso ad essere un uomo”. Educazione vuol dire scuola, vuol dire agenzie educative di vario genere, cultura e sensibilità: tutte cose che risultano essere fuori moda, anche nella proposta educativa di certi enti. Pensiamo alle squadre di calcio e alle loro scuole: non si pensa all’educazione dei bambini, al rispetto delle regole, alla vita sociale. Fin dai “pulcini”, l’obiettivo è uno solo: vincere. Ad ogni costo, e senza pensare ai modi e ai tempi. Lo vuole la squadra, lo vogliono più di qualche volta i gennitori. Finisci per volerlo pure tu. Perfettamente in linea con la società moderna, e perfettamente in linea con quello che la società vuole da noi. Siamo invece davvero certi che è questo quello che noi vogliamo da noi stessi?

“L’uomo talvolta crede di essere stato creato per dominare, per dirigere. Ma si sbaglia.Egli è solamente parte del tutto. La sua funzione non è quella di sfruttare, bensì è quella di sorvegliare, di essere un amministratore. L’uomo non ha nè potere, nè privilegi. Ha solamente responsabilità”. Chiudiamo con la saggezza degli Indiani d’America. Che evidentemente non avevano piazze deturpate, ma conoscevano perfettamente il concetto di bene pubblico – nel loro caso “il tutto” – e di come tale bene dovrebbe essere tutelato. Parliamo di secoli fa, ma è un concetto che dovrebbe essere ancora molto attuale. Niente poteri, niente privilegi, ma solo responsabilità. Sembra uno slogan da campagna elettorale. Invece è solamente la base dell’educazione civica, materia che non si studia più. E si vede.

Condividi