Troppo spesso nel corso della storia ci è stata trasferita un'immagine dell’uomo mitica ed astratta, dai dei egiziani ai muscolosi eroi della storia ai grandi santi salvatori, fino ai più moderni fantasiosi e alternativi. Questo eccesso ha creato molta confusione tra realtà e fantasia (dunque alienazione) tra cosa può essere una persona e cosa non può essere, formando aspettative, ansie e follie che hanno sprecato e disperso vite ed intere generazioni.
La società ancora oggi è specchio di questa proiezione ed illusione psicologica. Ultimamente ad esempio si spingono molto i rifacimenti di storie, film, fumetti, mitologia, di supereroi: come se in una società poco consapevole in stagnazione e difficoltà morale ed economica si tendesse a cercare (aspettativa) la soluzione non in se stessi e nelle risorse della propria stessa cultura e società, spesso detestata o non stimata, ma in qualcosa fuori, un eroe, un salvatore, un mito. Altro esempio, a livello personale, il mito può “servirci” per non fare più cose semplici e banali: dire e pensare “per fare il genitore oggi bisogna essere superman” è un modo per “mitizzare” il ruolo e fornirci alibi per non impegnarci, mettersi in gioco, prendere carico di eventuali (probabili visto l'impegno) scarsi risultati. E’ così via..
Le Costituzioni però non recitano “la società riconosce il mito” ma “la società riconosce l’individuo” non dicono “ci sono cittadini di serie B e miti di serie A” ma “siamo tutti uguali di fronte alla legge” non dicono “nell’attesa che il mito ci salvi” ma parlano di “collaborazione e solidarietà tra persone”. Non miti, eroi.. ma semplici cittadini, individui, uomini, donne, persone. La parola chiave dunque per debellare questa deviazione collettiva è: “normale”. Non “normale” nel senso di statisticamente prevalente (tanto meno di mediocre), ma normale nel senso dei “valori base” essenziali che famiglia, scuola e società (noi) dobbiamo mettere nella nostra vita e trasmettere sempre al prossimo, chiunque esso sia, ovvero sincerità ed onestà, sapere e conoscenza, salute, uguaglianza, fratellanza e coesione sociale, ecc..
Nell’attesa di un mito (che non arriverà) potrebbero intercorrere millenni di terrore e desolazione. Vale la pena? Ma se poi davvero guardiamo in concreto è stato un mito a darci la democrazia e la pace oppure la popolazione comune e “normale” che si è svegliata di fronte al rischio delle guerre mondiali e della propria estinzione? E, al contrario, fu un mito alla rovescia (Hitler) a rischiare di spazzare la vita umana dalla terra oppure un vasto “indotto” di sostegno tra politica, eserciti, interessi economici tra Stati e banale avidità umana di milioni di cittadini?
E' perciò evidente. Non c’è da aspettarsi nessun mito o eroe che ci salvi e neppure nessun alieno o universo parallelo che ci faccia fuggire da una realtà inaccettabile. Ma semplicemente dobbiamo capire che il mondo lo fanno le persone, noi e gli altri “assieme”, che l’unico futuro possibile è quello progettato per “tutti”, e che il futuro si costruisce dando e pretendendo quei saperi e quegli obiettivi che possano rendere la vita bella ed affascinante ma allo stesso tempo realistica, sostenibile, possibile.
cordialmente, Fabio Barzagli
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