Quattordici ettari e qualcosa in più di terreni. Avrebbero dovuto ospitare 19 capannoni per la lavorazione del marmo. O meglio, era questa l’idea del Consorzio Marmi Tiburtini – il Comat – sin dalla sua nascita nel 1980. I terreni sono quelli dell’ex area del Pio Istituto Santo Spirito, ritornati al centro del dibattito a Guidonia dopo la sentenza del Tar dello scorso 18 aprile, che ha accolto il ricorso del consorzio in merito alla richiesta di annullamento della delibera di giunta comunale n. 324 del 26.10.2011 e dell’ordinanza dirigenziale n. 52 del 4.2.2012 “avente a oggetto sospensione dei lavori e contestuale ingiunzione – si legge nella sentenza – di demolizione e ripristino dei luoghi area ex Pio Istituto Santo Spirito di proprietà della Asl RMG in Guidonia Montecelio”. “Più o meno 25 anni fa abbiamo pagato – inizia così il racconto di Fernando Temperini, attuale presidente del Comat – circa 250 milioni di lire per quei terreni, che all’epoca erano di proprietà del comune: con la delibera di consiglio 237 del 1988 abbiamo ricevuto l’immissione in possesso, ossia il diritto di superficie”. Tutto regolarmente dichiarato al catasto, e tutto sembrava procedere per il meglio, tanto che il consorzio aveva ricevuto un finanziamento europeo per il progetto: 11 miliardi di lire. “Soldi erogati e che non abbiamo mai potuto ritirare, perché al momento di formalizzare l’accordo per la concessione di 99 anni del terreno, la giunta dell’epoca non si è mai presentata”. Questo accade nel 1988, e accade anche tra il 1995 e il 1996, con “il terreno fermo e recintato, perché regolarmente nostro”: tutto era pronto per cominciare, ma a quell’incontro per la formalizzazione nessun rappresentante del Comune si è mai presentato. Nel 1992 i beni patrimoniali in questione ritornano alla Asl Rmg (legge regionale 18/1994), quindi non sono più a disposizione del Comune: lo specifica chiaramente la delibera di giunta annullata 10 giorni fa dal Tar. “Noi abbiamo ricevuto un danno di 1 milione e 240 mila euro. Abbiamo anche chiesto in più di una occasione un incontro alla Asl, con scarsi risultati”. Il salto è direttamente nel 2011, primo mandato di Eligio Rubeis. “Abbiamo rifatto nuovamente la recinzione dei terreni, e ho dovuto cacciare letteralmente le ruspe di due ditte che si erano introdotte senza permesso”. Immediatamente dopo la delibera di giunta 324 e successivamente i contratti di affitto “tra la Asl e quelle due ditte. Solo che il terreno era ancora in nostro possesso”, con il cancello posizionato dal Comat all’epoca che ancora resiste in via De Gasperi. Sulle memorie difensive presentate dal Comune Temperini non ha dubbi, mostrando copia della fidejussione del 1988. “Abbiamo adempiuto a tutti gli obblighi previsti. Quei terreni avrebbero dovuto essere un polo per la lavorazione dei prodotti del sottosuolo. Nel momento in cui – chiude il presidente – ci diranno di poter ripartire, credo che saremo tutti ancora disponibili per riprendere il discorso interrotto”. Al quadro va aggiunto un esposto presentato alla Guardia di Finanza da parte del Comat nel 2014, e per conoscenza alla Asl, al Comune e alla Regione. Nessuna risposta è mai arrivata al Consorzio.
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