Neonati abbandonati in ospedale, 60 casi in un anno solo a Roma

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Una scelta dolorosa, forse la più penosa per una donna. Partorire un figlio e abbandonarlo, lasciarlo in ospedale perché non si hanno i mezzi per sostenerlo, vederlo crescere fino a diventare grande. Solo nel Lazio "si registrano una sessantina di casi l'anno, prevalentemente a Roma", spiega all'Adnkronos Salute Piermichele Paolillo, direttore dell'Unità operativa di neonatologia del Policlinico capitolino Casilino, la struttura che, in regione, segna il record di abbandoni. E si tratta di numeri "in crescita rispetto agli anni passati – in cui ci si aggirava attorno ai 40-50 casi l'anno" – complice la crisi che incalza e toglie fiato alle famiglie. "A Napoli, al Policlinico Federico II – aggiunge Roberto Paludetto, direttore del reparto di neonatologia e terapia intensiva – al momento abbiamo due bambini: uno perfettamente sano, l'altro con problemi. Di solito registriamo due casi di abbandono l'anno, al massimo 4-5. Certo il fatto di essere a quota 2 già a maggio – riflette – ci fa ipotizzare che anche qui da noi potremmo registrare un trend al rialzo". E se al Casilino sono soprattutto le immigrate a lasciare i loro figli, "a Napoli si tratta per lo più di italiane – spiega Paludetto – in gran parte madri giovanissime, che non hanno i mezzi per andare avanti e tirare su un figlio. Il loro è comunque un gesto di amore, perché sanno di assicurare un futuro al bambino che lasciano in ospedale".

 

 

La legge italiana consente infatti alla donna di partorire in segretezza e non riconoscere il piccolo venuto al mondo. I tribunali italiani, se il neonato non viene riconosciuto dalla madre, non possono fare ricerche sulla paternità e ne possono dichiarare lo stato di abbandono e l'adottabilità. "Una legge all'avanguardia – concordano Paolillo e Paludetti – che tuttavia non è conosciuta come dovrebbe". I casi di abbandono negli ospedali, a detta dei due esperti, sono infatti "solo la punta di un iceberg: sono tanti i piccoli che nascono e fanno ben altra fine, bambini di cui non sapremo mai nulla".

 

 

"Alle cronache giungono solo i casi più eclatanti – fa notare Paolillo – bambini ritrovati in un cassonetto, a volte strappati alla morte per un soffio. Ma quanti di quei bimbi non vengono mai scoperti? Del resto non è difficile disfarsi di un fagottino di 2-3 chili di peso". Le madri che decidono di lasciare i piccoli in ospedale, invece, "li affidano a mani sicure – fa notare Paludetto – sanno di assicurare loro un futuro. E' una scelta dolorosissima, ma noi che conosciamo le storie che si nascondono dietro questa decisione comprendiamo, capiamo senza giudicare e siamo felici del fatto che questi bambini siano al sicuro nei nostro reparto, di cui diventano immediatamente le mascotte".

 

 

Dietro ogni abbandono, assicurano i camici bianchi che li vivono in prima persona, ci sono storie di miserie e disperazione, scelte sofferte e prese in un mare di lacrime amare. Dall'indagine condotta dall'Adnkronos Salute, Milano sembra attestarsi sui numeri degli anni passati. Alla Mangiagalli, che registra il più alto numero di parti in città, nel 2011 non si sono ancora verificati abbandoni. Nel 2008 sono stati invece 6, saliti a 7 nel 2009 e precipitati a 2 lo scorso anno. All'ospedale San Carlo, più periferico rispetto alla clinica di via Commenda, "in media abbiamo 7-8 casi l'anno – fa i conti Mauro Buscaglia, primario di ginecologia e ostetricia – nonostante mettiamo a segno un quarto dei parti rispetto alla Mangiagalli".

 

 

A scegliere la strada dell'abbandono "soprattutto straniere", a Milano come a Roma. Bimbi in attesa di una famiglia con madri che, ormai lontane, confidano in un futuro per loro migliore. "Al Casilino ora abbiamo due gemelline – racconta Paolillo – sono nate premature ma stanno bene". E maggio tutto sommato è ancora un buon mese, perché d'estate le cose si complicano. "A causa delle vacanze – afferma l'esperto – i tempi dei tribunali si allungano, e diventa più difficile affidare i piccoli abbandonati". Ma se sono in ospedale, sono al sicuro. Il problema è quando il parto avviene fuori, sulla strada o nel silenzio di un bagno. "Nel 2005 – ricorda Paolillo – ho assistito io stesso a due casi: un bimbo abbandonato su un pianale di un camion in pieno luglio, trovato casualmente da operai; e un bebè lasciato nei pressi di un cassonetto".

 

 

Per evitare altri fagottini scoperti per caso, sfuggiti alla morte per un soffio quando qualcuno si accorge in tempo di loro, pullulano da un estremo all'altro dello Stivale le cosiddette culle per la vita, versione moderna e aggiornata dell'antica ruota degli esposti. Sono 36 quelle censite dal Movimento per la vita, l'ultima sorta al Villa Salus di Mestre il 25 marzo scorso. Solo due i casi di bimbi lasciati in queste culle salva-vita, uno a Palermo e l'altro a Roma, proprio al Policlinico Casilino dove c'è un baby-box, realizzato in una struttura prefabbricata attigua all'ospedale, costantemente collegata al pronto soccorso. "E' accaduto nel febbraio 2007 – ricorda Paolillo – il bimbo che era stato abbandonato non era appena nato, ma aveva due mesi ed era tenuto bene. Ha avuto difficoltà ad attaccarsi al biberon, segno tangibile che fino a quel momento era stata la sua mamma ad allattarlo".

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