Entusiasmo. Emozioni. Gioia. “Mi sono preparato, consapevole che, almeno per questa stagione, avrebbe potuto essere l’ultima partita della Roma in Champions”. Non si placa l’onda di passione nata dopo il trionfo della Roma sul Barcellona. Emozioni che un ragazzo di Guidonia, tifoso dei giallorossi, ci racconta dopo i suoi 90 minuti in Curva Sud.
“In un giorno infrasettimanale andare allo stadio può risultare impegnativo. Specie se si parla di una gara di ritorno difficilissima se non impossibile da recuperare. Però è sempre una gara di Champions League, e c’era sempre in campo il Barcellona dei fenomeni: impossibile non andare”.
E quindi via, macchina, benzina, Raccordo, la ricerca affannosa del parcheggio e l’ingresso in Curva, cuore pulsante della tifoseria romanista. Intorno l’Olimpico pieno in ogni ordine di posto. “Le bandiere già sventolavano in Curva: tutti abbiamo iniziato a cantare, a strillare. A sperare in un miracolo”. In Catalogna la sconfitta per quattro reti a uno. Al ritorno la squadra di Di Francesco avrebbe dovuto vincere (almeno) per tre gol a zero. Scenario ai limiti del paranormale, con Leo Messi in campo. E invece…
Alle 20 e 45 il fischio d’inizio. Sei minuti dopo la rete di Dzeko. “Lo stadio ha urlato come mai. Ottantamila voci hanno gridato con una voce sola, ottantamila cuori hanno iniziato ad accelerare, battito dopo battito. All’unisono”. Ovvio che l’impresa era ancora molto lontana. “In ognuno di noi dentro lo stadio, e immagino nelle case, nei bar, ovunque, aveva iniziato a fare capolino la speranza di farcela”.
Comincia il secondo tempo, ancora Dzeko, stavolta abbattuto da Pique. Calcio di rigore. “La palla sul dischetto, De Rossi pronto a battere, tutto lo stadio era in silenzio. Eravamo come sospesi, in un’altra dimensione”. De Rossi segna. Al fischio finale mancava mezz’ora. “Lì è cambiato tutto. E sugli spalti è saltato tutto. Abbracci, incitazioni, canti, cori. Cuori, tanti, che battono all’impazzata. Una notte magica, come quelle cantate nel 1990 da Edoardo Bennato e Gianna Nannini. Non voglio paragonare un Mondiale a Roma Barcellona, ma l’emozione è stata grandissima”.
Il cronometro corre, e il Destino prende le sembianze di un calcio d’angolo. Palla in area, Manolas colpisce di testa e la palla si infila nell’angolo basso della porta di Ter Stegen, portando via con sé i ricordi delle sconfitte con le grandi d’Europa degli scorsi anni.
“Tre a zero. E sugli spalti accade di tutto. In molti non ci credevano. Dal gol al fischio finale sembra passare un’eternità, e invece dovevano passare solo 12 minuti. I più lunghi della mia vita”.
Sconfitta (immeritata) al Camp Nou, trionfo all’Olimpico. “Certe emozioni te le porti dentro per sempre, e sono quelle emozioni che andranno raccontate ai nipotini. Perché se posso dire di aver visto giocare Totti, potrò dire che il 10 aprile 2018 la Roma ha fatto il miracolo”.
Un cammino che rischia di diventare carico di simbologie. L’appuntamento con la finale di Kiev ha una data “ad alto impatto” per la squadra giallorossa. L’ultimo round è previsto per il 26 maggio, anniversario della finale di Coppa Italia persa dalla Roma contro la Lazio. E tra le quattro semifinaliste spicca il Liverpool, altro incubo storico dei capitolini, vittorioso all’Olimpico nel 1984 nella finale della vecchia Coppa dei Campioni, quella dei rigori e del balletto di Grobbelaar. Due incubi da esorcizzare per la Roma e per i suoi tifosi. Incubi da contrapporre ai sogni. “Che esistono, e se ci credi si avverano pure”. Con buona pace di chi dice che sia solo calcio. Lo è, di certo. “…ma il calcio sono anche i tuoi giorni, le parole dette, quelle scritte, le facce, gli abbracci, i gol, i cori, le delusioni, quei pochi sogni trovati, quei cento sogni smarriti…”. Roma Barcellona ha regalato quello che in effetti in molto hanno perso di vista. La possibilità di stravolgere i pronostici, di liberarsi da un predatore affamato e di sconfiggerlo con la grinta e la voglia. Sarà solo calcio, ma questo è calcio bello. Quello che va raccontato.
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