Guidonia. Entro questa settimana il funerale di Tip Top? Vincenzo raccontato dalle parole di chi lo conosceva bene

In Cronaca & Attualità, Primo Piano, Spazio al Sociale da Yari Riccardi

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Il giorno del funerale ancora non si sa. Probabilmente questa settimana, una volta che il Comune di Guidonia avrà sciolto il nodo sull’organizzazione del funerale. E Tip Top, che se ne è andato ormai da più di una settimana, aspetta ancora all’ospedale di Tivoli. Aspetta che qualcuno lo accompagni per il suo ultimo viaggio. Una storia che ha visto l’interesse anche del Vescovo Mauro Parmeggiani. Una vita complicata quella di Vincenzo Mangia, nato a San Giovanni a Piro nel 1930 ed arrivato a Guidonia nel 1961, su consiglio di un maresciallo dei carabinieri suo paesano. Una vita che racconta di drammi familiari, di partenze obbligate, di un lavoro da trovare e spesso da inventare, di cagnolini  – l’ultimo è Ciccio, con lui fino all’ultimo istante – che lo accompagnano nei suoi lunghi tour per raccogliere gli oggetti più disparati. Una vita di porte chiuse, addirittura di truffe subite – un terreno inesistente per il quale tempo fa pagava un tanto al mese – e di cantine da svuotare e di stracci da raccogliere. Una pensioncina con la quale viveva, e grazie alla quale si era messo da parte qualche soldino. «Sono per il mio funerale», raccontava a chi si occupava di lui. Una casa in via Tiberio Cavallo, un periodo ospite nella parrocchia Santa Maria di Loreto quando la sua abitazione era allagata. Tutti lo conoscevano. Tutti sanno chi era Tip Top. Forse lui non sapeva che tutti lo chiamavano così. Pochi sanno che era dolce ed educato, pur con alcuni momenti di durezza. Aveva degli amici, Vincenzo. Pochi, ma attenti e discreti. «Mi aveva raccontato – racconta Cesare – di voler tornare al paese. Lo accompagnavo spesso in giro, per visite specialistiche principalmente, anche se ultimamente usciva poco». È Cesare a raccontare un po’ della vita di Vincenzo, quella quotidiano, quella che non è così scontato conoscere. «Mi ripeteva spesso – dice sorridendo – che non mi capiva quando parlavo, lui con il suo accento campano e io con quello romano». Un telefonino che non voleva proprio sapere di utilizzare, una fede che non lo ha mai abbandonato ed occhi che mischiavano tenerezza e nostalgia. «Quando l’ho visto a Natale – prosegue Cesare – la prima cosa che mi ha detto era che era felice di vedermi, perché qualcuno si era ricordato di lui. Abbiamo riso insieme sul suo presepe, senza Madonnina e senza bue. Sono contento di essere riuscito a strappargli qualche sorriso: Vincenzo era un uomo buono». Le scarpe diverse l’una dall’altra, trasandato eppure sempre dignitoso. Il suo carrettino e i cagnolini sempre con lui. Probabilmente è questa l’immagine che tutti abbiamo di Vincenzo. Piero ricorda il loro primo incontro, ormai 10 anni fa. «Tip Top era una persona buona scivolata giù attraverso le maglie troppo larghe di una rete di protezione sociale e perciò condannato alla malattia, alla perdita di lavoro, e peggio ancora senza reddito.  Chiacchierammo a lungo con un linguaggio semplice a volte fatto solo di sguardi.  Capii che Vincenzo era la testimonianza reale di come la società attuale rende le persone povere, libere da una parte, ma senza la capacità di esserlo dall’altra.  Insomma Vincenzo, come tanti, era condannato a farcela da solo. Quel giorno di agosto mi ha fatto conoscere il volto delle nuove povertà: l’isolamento che porta a farsi dipendente da qualcosa o da qualcuno; la solitudine di persone depresse, la richiesta di supporto e la ricerca di punti di riferimento. Quel giorno diventammo amici». Parlare di poveri è sempre difficile. Diverso è parlare con i poveri. Poveri come Vincenzo. «Giorgio La Pira diceva che i poveri sono il documento vivente delle ingiustizie sociali  che li generano. Sono il segno inequivocabile di uno squilibrio insito nelle strutture del sistema del paese che li tollera. Vincenzo era la perfetta rappresentazione di quelle parole. E mi ha insegnato tantissime cose. E io non posso far altro che ringraziarlo, di questo e del nostro primo incontro, in quella stanza piena di bottiglie di plastica con scritto Caritas all’entrata». Non resta che sperare che al funerale di Vincenzo ci sia tantissima gente. Una sorta di contrappasso nei confronti di una vita che lo ha messo alla prova. «Mi fai stare da solo? E io mi faccio salutare da un sacco di gente!». Tutti quelli che hanno incontrato Tip Top in questi anni, tutti quelli che hanno creduto alle leggende sul suo conto, tutti quelli che non sapevano si chiamasse Vincenzo. Ci sarà sicuramente Ciccio, ad abbaiare un’ultima volta per quel padrone che l’ha amato così tanto.

http://www.romaest.org/news/01/2017/guidonia-lultimo-viaggio-di-tip-top-vincenzo-mangia-muore-87-anni/

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