Era il febbraio di qualche anno fa e Rosa, studentessa di Tivoli, veniva sbranata. Stava ballando, si divertiva, qualcuno l’ha portata fuori, nel bianco gelido dell’inverno, e l’ha sbranata. Non era una belva, era un uomo, quello che l’ha presa, lacerata fuori e dentro, in un modo barbaro, crudele, vile e perverso, e l’ha lasciata nel bianco. Quel bianco che anestetizza tutto, che tutto rende ovattato, ma non il dolore. E’ sempre così quando il bianco viene macchiato dal rosso del sangue. Era febbraio, faceva tanto freddo, e la neve di Pizzoli era rossa sotto il corpo di Rosa. Un freddo che la ragazza si porta dentro ancora, che nessuno forse le toglierà mai. Forse avrà avuto un po’ di sollievo, quando la Terza sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna per violenza sessuale e lesioni per l’ex militare Francesco Tuccia: 7 anni e 8 mesi di reclusione, riducendo di 4 mesi la condanna d’appello per effetto della continuazione dei reati. Un ricorso, quello in Cassazione, che la stessa difesa di Tuccia aveva presentato. Già negli scorsi mesi era stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà per l’ex militare, dopo che in un primo momento erano state concesse addirittura le attenuanti generiche.
“…Perché tutti, una volta nella vita, abbiamo diritto di credere che le canzoni dell’estate siano state scritte apposta per noi…”: proprio per questo a Rosa vanno restituiti tutti questi mesi nel bianco, vanno fatti rivivere tutti quei mesi d’estate, per lei che l’estate l’aveva dimenticata, per il freddo che una belva le aveva fatto sentire, dentro e fuori una notte d’inverno troppo scura, troppo gelida, troppo bianca per essere vera. Proprio per questo le vanno cantate tutte le canzoni non ascoltate, perché il bianco era troppo e troppo sporco di sangue per vedere la luce, proprio per questo i suoi sogni dovranno essere ripuliti dagli incubi di questi mesi. Perché, certo, non esiste una gomma che cancelli tutti i brutti ricordi. Ma esiste qualcosa che li ripulisce. Qualcosa che può ricominciare oggi. La Primavera e poi l’Estate. E stavolta niente bianco, non quel bianco freddo di una neve sporca di sangue di un inverno che è durato per troppo tempo.
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