I carabinieri della Compagnia Roma Eur hanno individuato i responsabili della morte di un ragazzo italiano di 29 anni, avvenuta circa un anno fa per overdose a seguito dell’assunzione di una dosa di eroina killer. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Carlo La Speranza della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno consentito di individuare un gruppo di soggetti che, in concorso tra loro, gestivano una consistente attività di spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere di Roma “Laurentino 38”. Tre le persone arrestate a cui i carabinieri stanno notificando, questa mattina, le ordinanze di custodia cautelare in carcere per il reato di omicidio preterintenzionale e spaccio di sostanze stupefacenti. Decine le perquisizioni, tuttora in corso, al “Laurentino 38” e in varie zone della Capitale. Le attività investigative, condotte dal Nucleo Operativo della Compagnia dell’Eur e scaturite dagli accertamenti effettuati a seguito della morte per overdose, il7 marzo 2010, di un cittadino italiano, Stefano C. di 29 anni, hanno consentito di individuare un gruppo di soggetti che, in concorso tra loro, gestivano una consistente attività di spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere di Roma denominato “Laurentino 38”. In particolare, vagliando attentamente le dichiarazioni rese dai familiari e dai conoscenti della vittima subito dopo il fatto, e attraverso l’analisi dei tabulati del telefono in uso alla vittima, si è risaliti al presunto spacciatore della dose “letale”. Le intercettazioni telefoniche hanno consentito di raccogliere a carico dello spacciatore importanti elementi di colpevolezza e di comprendere che nell’illecita attività egli era coadiuvato da altre due persone che, non solo provvedevano alla fornitura dello stupefacente, ma assolvevano anche il compito di “vedette” nel quartiere, al fine di controllare la presenza di appartenenti alle forze dell’ordine nelle zone dello spaccio. Gli indagati, dopo aver telefonicamente fissato con l’acquirente il quantitativo dello stupefacente e il luogo dello scambio (attraverso l’uso di termini convenzionalmente prestabiliti), provvedevano ad effettuare “preventive attività di sopralluogo” (onde evitare possibili controlli) e poi procedevano alla cessione della sostanza richiesta. Molto difficile è stato il compito degli investigatori per dimostrare l’attività di spaccio di droga nel “particolare” quartiere, dove gli indagati erano coadiuvati da ulteriori “vedette” che segnalavano l’arrivo di appartenenti alle forze dell’ordine, servendosi anche di barriere metalliche che rendevano ancora più inavvicinabili i nascondigli della droga e consentivano la fuga ai pusher.
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