Guidonia / No al Tmb, la lettera di una donna: “Ho una grande paura…”

In Ambiente & Territorio, Primo Piano da Yari Riccardi Commenti

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“Voglio raccontarvi la mia storia”. Una storia di dolore e di rabbia. E’ la storia di una donna, di una ragazza, di una moglie, di una madre e di una nonna. Una storia purtroppo tipica del territorio di Guidonia, racchiusa all’interno di una lettera indirizzata alle istituzioni che permetteranno – se, come e quando è ancora da capire – l’apertura del TMB all’Inviolata, vicino alla discarica, a quella Collina composta di rifiuti che sta lì da più di 30 anni, simbolo di un territorio violentato, calpestato, annichilito, che negli anni ha perso tanti suoi figli. Uno di questi era il marito della donna.

Un matrimonio di due ragazzi giovani, belli, innamorati. E’ successo tanti anni fa. “Pensavo di invecchiare insieme a mio marito, purtroppo non è successo”. La leucemia, devastante, arriva nel 1991. Una guerra combattuta per 6 lunghi anni sul campo di battaglia del reparto di Ematologia del Policlinico Umberto I, quello del professor Mandelli, da sempre centro di eccellenza. C’è un ricordo, tra i tanti, che la donna evidenzia. “Ora, a distanza di anni, mi tornano sempre più spesso alla mente le parole del professore”. Quali parole? Lo scrive nella lettera, non ha nessuna paura. “Signora, mi dispiace, ma anche voi fate parte di quel triangolo dove c’è un’alta soglia di inquinamento”, questo dissero i dottori. Ed ecco gli sguardi sfuggenti e i sorrisi rassegnati dei medici quando si trovano davanti a determinate malattie di persone provenienti sempre più spesso dallo stesso territorio.

Ed ecco il cuore della lettera della signora. Uno sfogo di rabbia, di dolore e di paura, ma anche un appello accorato. “Se venti anni fa Guidonia era così inquinata, posso solo immaginare cosa possa essere diventata adesso”. E il pensiero corre, davanti all’eventualità dell’apertura del TMB, confinante con quella discarica dell’Inviolata chiusa ma ancora in attesa di bonifica. La collina di immondizia sta lì, e nessuno sa quando avranno inizio le necessarie opere di “pulizia”. “Perché Guidonia deve perdere altri figli, non ne ha persi già abbastanza?”. Ma non solo soltanto queste le domande che la donna pone ai destinatari della lettera. “Dove stiamo andando? Che fine sta facendo la nostra città? Se avete delle risposte positive, sono contenta per voi. Io in questo momento non ne ho. Ho solo una grande paura”.

La lettera è firmata, ed è una sola donna a scrivere, ma rappresenta una larga parte di quello che è stata e che è Guidonia. “Una moglie rimasta sola, una mamma che ha paura per i suoi figli, una nonna che è preoccupata per i suoi nipoti”. In mezzo c’è la storia di due ragazzi e una battaglia che continua ad essere combattuta. La storia di tante persone, uomini, donne, ragazzi, ragazze, accomunate dallo stesso destino, in questo caso una maledizione. Un anatema che grava su un intero territorio. Che semplicemente ha già dato, in termini di aria, di acqua, di verde. E di vita.

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