Barcellona / Il day after: “Accogliente, aperta e tollerante: il terrore non cambierà la città”

In Primo Piano da Yari Riccardi Commenti

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“Abbiamo ricevuto un colpo veramente forte”. Dolore e confusione, notizie false e sirene. Della Polizia e delle ambulanze. “Barcellona era una città fantasma la sera dell’attentato. La Gran Vìa era deserta”. Comincia così il racconto di Amanda, catalana nata a Barcellona e da anni residente a Guidonia. Era sulla nave diretta nella sua terra mentre in città irrompeva il Terrore.

L’arrivo. “Siamo scesi dal traghetto mentre tutto era appena successo, siamo sbarcati e ci hanno mandato in senso obbligato verso il cimitero, in direzione contraria alle Ramblas, per farci prendere la bretella che costeggia il litorale verso sud. Per fortuna non l’abbiamo presa, quando abbiamo visto le 4 corsie completamente bloccate, e abbiamo invece proseguito verso Montjuïc, per andare verso la Granvia. Dopo abbiamo saputo che dentro i tunnel della circonvallazione nord le macchine sono state bloccate fino a 9 ore inalando i gas di scarico, e  alcuni volontari facevano arrivare acqua dove c’erano bambini e anziani”.

Le Ramblas transennate e sorvegliate dai furgoni della Polizia con i lampeggianti accesi: questo quanto trovato da Amanda e dal marito al loro arrivo.

“I turisti sedevano qua e là a terra, zaini e borse con loro e l’espressione desolata. “Non ci siamo fermati e all’uscita nord siamo stati bloccati ore e ore per un controllo che ci costringeva a passare di uno  in uno davanti alla Polizia. La gente non si è mai spazientita e ha sopportato ore e ore di fila: non abbiamo sentito un solo clacson suonare”.

Le persone ancora negli esercizi commerciali tornavano a casa o in albergo grazie a tassisti volontari. La grande prova di solidarietà di Barcellona è simboleggiata dalla corsa a donare il sangue negli ospedali cittadini dove sono stati trasferiti i feriti. “Quando siamo arrivati a casa – prosegue Amanda – abbiamo saputo dell’altro attentato e ci siamo resi conto che tutto era collegato e orchestrato con l’obiettivo di far esplodere un ordigno micidiale nel cuore delle Ramblas”.

La bomba era esplosa la notte prima a cento chilometri a sud di Barcellona, uccidendo i due terroristi che la stavano predisponendo. L’attacco con il furgone è stato dunque il piano B, una bomba su quattro ruote che ha colpito un punto preciso in un momento preciso.

Il giorno dopo. Silenzio, stupore e incredulità. Le Ramblas chiassose e frizzanti di vita solamente un ricordo. “Si respirava una triste consapevolezza tra noi barcellonesi e turisti, un sentire comune: sarebbe potuto succedere a ognuno di noi”. L’aria vacanziera e solare tipica di Barcellona – e non solo d’estate – lascia spazio “alla constatazione di vivere in un mondo di fragili illusioni dalle quali possiamo essere svegliati in qualsiasi momenti. Lo sappiamo, ma preferiamo non pensarci, tranne che in momenti come questi”.

Il “rito di rifiuto”. I chioschi chiusi, ma pieni di post it colorati con i pensieri lasciati da chi era fino a poco prima in raccoglimento silenzioso. Famiglie e bambini che lasciavano fiori, candele, lettere di pace e pupazzetti nei posti dove erano morte le vittime. Le persone affacciate dai balconi dei palazzi e degli alberghi.

“C’erano anche statue umane che distribuivano abbracci consolatori ai passanti: tutti con la stessa volontà di partecipare allo stesso rito che si stava celebrando fin dagli istanti successivi all’attacco, quelli del rifiuto della violenza e della discriminazione”. C’erano naturalmente anche donne con il velo, che come tutti i giorni passeggiavano con i bimbi nel passeggino. Normalità, anche con la forte presenza dei furgoni della Polizia schierati e degli agenti in strada. Una visione insolita e mai vista prima della vita delle Ramblas. Non sono mancati attimi di tensione.

“A un certo punto i poliziotti hanno dovuto fermare uno scontro tra manifestanti di estrema destra e di estrema sinistra. La gente ha applaudito i poliziotti, che si sono emozionati, uomini e donne: un fatto del tutto inusuale che conferma come la città abbia già ricominciato”. Barcellona e la Catalogna restano terre d’accoglienza, territori amanti della diversità e simbolo di apertura e tolleranza.

“Nessun tipo di fondamentalismo, nessun potere occulto, nessun lavaggio di cervelli sarà mai in grado di cambiare la vocazione della mia città”. Fondamentalismo non religioso, perché nel terrorismo di questi anni – dall’11 settembre 2001 in poi – la religione è dimenticata e calpestata.

 

 

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