Le fiamme ne hanno sbranati a centinaia. Tra ieri e la settimana scorsa. Alcuni erano veri e proprio monumenti. “Il fuoco ha travolto alberi di 300 anni”.
Sono gli ulivi del territorio, quelli in particolare alle pendici di Montecelio, le vittime degli incendi di queste settimane. Sono alberi che crescono lentamente, sono il simbolo del mondo civilizzato. “Il Mediterraneo comincia e finisce con l’ulivo”, raccontavano gli antichi, sottolineando il legame indissolubile tra la pianta e la sua terra.
Non fa eccezione Guidonia, zona di “liva”: in molti in via diretta o indiretta hanno raccolto questi frutti, hanno una campagna dove le fronde di un ulivo hanno fatto ombra per scampagnate o semplici fughe dalla quotidiana realtà urbana.
“Il brutto è che quando il fuoco attacca, l’ulivo non si spegne. Brucia dentro: tu stai lì tentando di fermare le fiamme, ma è quasi impossibile”: lo racconta una ragazza che ieri ha visto bruciare molti dei suoi alberi. L’ulivo è la pianta della vita di molti.
“Ho imparato ad arrampicarmi sugli ulivi a cinque anni, ed erano già almeno due che avevo iniziato a pulire i rami dalle olive con la manetta, quando a novembre – questo il racconto di un altro ragazzo – si andava tutti insieme a raccoglierle. A quattordici anni insieme al motorino ho avuto il permesso di potare, a sedici ho scoperto quanto fosse duro dissodare la terra intorno agli alberi con una semplice zappa”.
Sono i testimoni silenziosi del nostro territorio. Gli ulivi di Carcibove hanno assistito con discrezione agli amori di tante generazioni, e hanno assistito al lento cambiamento dell’orizzonte urbano della città. Lo hanno osservato silenziosamente dall’alto, hanno resistito finchè hanno potuto alla cementificazione. Al fuoco è difficile resistere.
“Vedere ardere un ulivo centenario è una cosa che ti chiude lo stomaco, soprattutto se quell’ulivo lo conosci da quando sei nato, e per trent’anni lo hai potato, lo hai pulito, ti ci sei arrampicato, ne hai raccolto il frutto, e quando non c’era niente di urgente da fare lo sei andato a trovare, a raccoglierci gli asparagi intorno, a riflettere seduto alla sua ombra”.
Se il fuoco prende le fronde, l’albero si accende con un crepitio spaventoso. “Come un essere umano al quale vanno in fiamme testa e capelli: i rami diventano le mani portate sul volto come se volesse e potesse proteggerlo disperatamente, come se ne avesse uno.. ed in quel volto i nodi sono bocche urlanti di dolore”.
Il racconto del ragazzo – nell’incendio di ieri più di 100 ulivi della sua famiglia sono stati coinvolti – è emozionato. “Quando invece il fuoco li prende dal basso, si incanala nelle gallerie caratteristiche del tronco d’ulivo. Comincia a bruciarli da dentro, e lo spettacolo forse è ancora più atroce perché la pianta è riempita dalle fiamme che ne consumano il corpo come un parassita che lo mangi da dentro, un mostro violentissimo che non lascia nulla, vedere ulivi centenari bruciare così fa venire voglia di trovare il responsabile”.
Fatica, lavoro, tempo. Tutto in fiamme. Ma il fuoco forse non sa che la vittoria non sarà così facile. “L’ulivo non si vince così facilmente”. Lo racconta un “appassionato”, un altro coltivatore che ha visto bruciare le sue piante. “Le radici spesso si salvano dal fuoco, crescono i virgulti, e il ciclo ricomincia. I veleni, i diserbanti, gli antiparassitari hanno fatto sparire tutto, addirittura i grilli. L’ulivo sa difendersi dal fuoco. E sa ricominciare. Ci vuole tempo, ma l’ulivo sa come si fa”.
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