Guidonia/Tmb, il Tar respinge il ricorso delle associazioni locali

In Ambiente & Territorio, Primo Piano da Yari Riccardi Commenti

Condividi

Nell’attesa che il Consiglio dei Ministri si esprima – e a questo punto sarà snodo decisivo – ritorna sotto i riflettori la questione Tmb all’Inviolata, intricata, complessa, e da qualche giorno anche “arricchita” dalla sentenza del Tar in merito al ricorso delle associazioni locali (Amici dell’Inviolata, Comitato Cittadini Marco Simone Setteville Nord, associazione comitato Economia e Territorio Sant’Angelo Romano e VAS Verdi Ambiente e Società, che ha avuto un ruolo cruciale per il via libera al ricorso) contro l’autorizzazione regionale del 2015 per l’attività del Tmb all’Inviolata, tuttora sotto sequestro giudiziario. Ricorso che chiedeva l’annullamento della determinazione G08880 del 17 luglio 2015 relativa alla modifica “non sostanziale” dell’AIA del 2010 rilasciata per il TMB all’Inviolata.  La sentenza è stata pubblicata dal Tribunale lo scorso 5 maggio. Ricorso respinto, bene dirlo subito. Il provvedimento spedisce la palla in calcio d’angolo nell’attesa del CdM.

La sentenza. Il Tribunale ha rigettato tutte le motivazioni delle associazioni (sulla determina peraltro sono stati presentati ricorsi dal Comune di Fonte Nuova e dal Pd di Guidonia). “L’oggetto è limitato alla sola modifica della Autorizzazione integrata ambientale, già rilasciata nel 2010 alla società Ambiente Guidonia S.r.l., non venendo in discussione in alcun modo l’originaria AIA rispetto alla quale, come sottolineato dalla controinteressata, risultano instaurati ulteriori e diversi giudizi (R.G. n. 304/2008 concluso con sentenza n.11031/2014 del TAR Lazio; R.G. n. 10525/2010 concluso con sentenza n.8493/2013 del TAR Lazio; R.G. n. 6711/2014 relativo alla impugnazione degli atti del MIBACT di sospensione dei lavori in via cautelativa, con riguardo all’ampliamento della discarica)”.

Sottolineando come il procedimento di rinnovo sia pendente e davanti alla Presidenza del Consiglio – evidentemente uno dei lati decisivi – il Collegio richiama anche l’ordinanza del 28 novembre 2014 del Tar Lazio, circa la mancanza di iniziative processuali assunte dal Mibact “nei confronti della Regione Lazio per invalidare l’Aia del 2010 in base alla quale CoLaRi ha realizzato l’impianto (…) non sono ravvisabili elementi per ritenere che la citata AIA 2010 sia affetta da nullità”. Il resto della sentenza è meramente giurisdizionale, che specifica come sia infondata l’illegittimità derivata  – dall’Aia del 2010 – dell’atto impugnato.  Il provvedimento del 2010 “indipendentemente dai vizi di illegittimità che possano affliggerla, è un atto oramai inoppugnabile; pertanto la relativa eliminazione dal mondo giuridico potrebbe avvenire, eventualmente considerando le osservazioni del giudice penale, soltanto con l’esercizio del potere di autotutela amministrativa da parte dell’autorità emanante, previa adeguata valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge”.

Per il Tribunale non incide neanche la qualifica di illegittimità data dalla Corte di Cassazione in sede penale nel 2015, accertamento per il Tar “svolto solo in via incidentale nell’ambito di un procedimento per sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., senza che possa determinarsi alcuna pregiudizialità del giudizio penale rispetto ai giudizi amministrativi concernenti il suddetto atto, peraltro già conclusi”. Nessun difetto di istruttoria circa il ridimensionamento dell’impianto e variante discussa dunque non sostanziale. “L’area su cui insiste l’impianto così come ridimensionato, non rientra nella perimetrazione del Parco Naturale Archeologo dell’Inviolata, come risulta dalla nota dell’area urbanistica e copianificazione prot. n. 550538 del 14 ottobre 2014. Infatti, la Sovrintendenza Archeologica, dopo l’approvazione della modifica non sostanziale (determinazione regionale G 08880 del 17 luglio 2015) ha inviato la comunicazione di avvio del procedimento di ricognizione e riperimetrazione della zona di interesse archeologico in data 6 agosto 2015; tale procedimento, tuttavia, non risulta concluso. Allo stato, quindi, non sussiste neanche un vincolo archeologico sull’area oggetto dell’intervento”.

Non contano gli abbancamenti di rifiuti nella discarica in quanto questioni decise da altra sentenza del Tar del 2014 e infondate le censure sugli effetti negativi sull’ambiente”avendo la Regione chiarito che sull’area oggetto del ricorso esisteva già una discarica e che la stessa è oggetto di bonifica. Il Comune di Guidonia, infatti, quale autorità competente, sta procedendo inconferenza di servizi all’approvazione del piano di caratterizzazione e sono state avviate le attività di messa in sicurezza d’emergenza (…)ciò non esclude che sul sito possano essere svolte delle attività”.

Le risposte del CRA. “Una sentenza pessima per il territorio”. Non usa giri di parole il Comitato Risanamento Ambientale per commentare la sentenza emanata dai giudici amministrativi. Materia affrontata dal Tar secondo gli ambientalisti “procedendo per disambigazione, separando il rinnovo dell’autorizzazione regionale al TMB, concesso nel luglio 2015, dalla primitiva e contestatissima autorizzazione all’esercizio del medesimo impianto rilasciata nell’agosto 2010. I giudici hanno affermato che, pur provenendo la seconda autorizzazione dalla prima e pur essendo questa irregolare, non si può più mettere in discussione una concessione del 2010, ormai giuridicamente inoppugnabile”.

Separati – come da norma – i processi amministrativi da quelli penali relativi all’impianto. “Quindi, secondo i giudici di Via Flaminia, non bisogna farsi influenzare né dalla chiara sentenza della Cassazione sulla liceità del sequestro del TMB e sulla assodata illegittimità dell’autorizzazione del 2010, né dal processo in corso presso il Tribunale di Tivoli contro i gestori dell’impianto sempre a causa dell’irregolare prima concessione regionale”. Gli ambientalisti scelgono la via dell’ironia. “Se i ricorrenti affermano che l’impianto cerroniano insiste su un’area “sensibile” in quanto soprastante la nota falda inquinata dal percolato della vicina discarica gestita da una società ‘gemella’, nessun problema, i giudici ricordano che il TMB deve stare, secondo previsione regionale, “a bocca di discarica”, anche se gli invasi per i rifiuti sono chiusi definitivamente dal 2014, e che il Comune di Guidonia Montecelio ha in corso una conferenza dei servizi finalizzata alla bonifica del sito, in merito alla quale non si conoscono tempi e modi. Quindi, tutto sotto controllo ed abbiate fiducia nei vostri amministratori!”.

Non mancano i punti per ulteriori spazi di intervento da parte delle associazioni. “Il Decreto ministeriale che pone tutta l’area sotto vincolo è stato emanato definitivamente il 16 settembre 2016, dunque è attivo e valido. E sì, il Mibact non ha fatto ricorso contro l’Aia del 2010, in quanto non ne era a conoscenza non essendo mai stato convocato in Conferenza dei Servizi per il rilascio dell’AIA, pur chiedendo e reiterando – a partire dal 2012! – alla Regione Lazio notizie di tale atto e ricevendone risposta solo due anni dopo. In seguito, il Ministero ha preferito avviare il contenzioso direttamente sul piano penale, informandone il Tribunale tiburtino”.

Un ulteriore “promemoria” riporta al Decreto del Commissario straordinario per l’Emergenza rifiuti del 2007 e l’AIA regionale del 2010 che autorizzavano l’impianto TMB, provvedimenti rispetto ai quali venne presentato ricorso al Tar “che lo stesso tribunale l’ha considerato irricevibile in quanto presentato dall’avvocato, scelto per l’occasione – chiude il Cra – tra le fila di Legambiente Lazio, con due settimane di ritardo sui tempi previsti. Tale legale è stato deferito al Consiglio distrettuale di disciplina dell’Ordine degli Avvocati”. Il Tmb risulta tuttora sotto sequestro penale da parte della Procura della Repubblica di Tivoli: nell’area non possono svolgersi lavori in contrasto con il vincolo paesaggistico ministeriale come il trasporto di camion o l’abbancamento di rifiuti. La parte penale è tutta in corso, e il Consiglio dei Ministri non si è ancora espresso. “I giochi dunque non sono ancora chiusi”, fanno sapere dal Comitato. Ma certamente è stata una brutta delusione.

I dettagli del ricorso e le “accuse” delle associazioni. Per le associazioni ricorrenti è necessaria la censura della determinazione impugnata – quella del 2015 – perché di fatto andrebbe a sostituire in parte la determinazione C 1869 del 2 agosto 2010, a sua volta illegittima per essere stata adottata in mancanza della necessaria preventiva autorizzazione paesaggistica, una illegittimità accertata in sede penale per le ricorrenti: per questo l’Aia “con essa rilasciata sarebbe da considerarsi inefficace per carenza dell’atto presupposto e, per gli effetti, non potrebbe essere né modificata nè rinnovata”. Secondo le associazioni la Regione “non avrebbe considerato neppure l’ulteriore parere contrario della Soprintendenza ai Beni Paesaggistici del Lazio che, invitata finalmente ad esprimersi, in data 16 giugno 2015, affermava testualmente: “A parere di questo ufficio, l’eventuale aggiornamento del provvedimento autorizzatorio, da inquadrarsi come variante ai fini del procedimento in questione, non supera l’illegittimità gravante sul provvedimento originario, dal quale è discesa la realizzazione, fino alle fasi avanzate, dell’impianto TMB”.

Gli insanabili vizi dell’atto originario ne renderebbero improcedibile il rinnovo, non potendosi provvedere alla sanatoria di un atto ab origine illegittimo, come accertato in sede giudiziaria”, così prosegue il dispositivo del Tar. Altro lato delle motivazioni alla base del ricorso l’approvazione dell’atto su un duplice presupposto, “la sanabilità dell’atto originario mediante acquisizione postuma del parere della Soprintendenza e conseguente rinnovo; la natura non sostanziale della modifica (…) Al fine di qualificare come sostanziale o non sostanziale la contestata variazione dell’impianto esistente, quindi, l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare gli effetti negativi e significativi sull’ambiente; il che, nella specie, non sarebbe avvenuto, in totale difetto di istruttoria e di motivazione, in un contesto in cui l’area risulta fortemente contaminata”.

Altro punto la violazione del principio di precauzione e quella del D.Lgs 152 del 2006, “il quale al comma 4 prevede espressamente che i rifiuti debbano essere gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente”, e quello della disciplina delle bonifiche. Nella “accusa” delle associazioni è anche presente il richiamo ai “sei piezometri in cui i limiti di legge risultano essere stati superati, generando un quadro di contaminazione allarmante che dovrebbe precludere la costruzione e l’esercizio di un impianto di trattamento dei rifiuti”.

Le obiezioni. Da parte della Regione Lazio – oltre alla richiesta di un  rinvio della causa per attendere l’esito della Conferenza dei Servizi dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, eventualità alla quale si sono opposte le ricorrenti – “ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva dell’associazione Amici dell’Inviolata Onlus, del Comitato Popolare Nord Est Lazio, del Comitato Cittadini Marco Simone e dell’Associazione Sant’Angelo Romano Economia e Territorio (…) Ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata dimostrazione della lesività dell’atto impugnato”.

La contro interessata Ambiente Guidonia si è invece difesa osservando come l’Aia del 2 agosto del 2010 sia ormai inoppugnabile “per cui il tentativo di rimetterla in discussione sarebbe inammissibile, né sarebbe sostenibile che la variante possa rimettere in termini per l’impugnazione dell’atto da variare essendo vero il contrario; ossia, se anche fosse annullata la variante, resterebbe inalterato il diritto di realizzare quanto autorizzato dall’AIA divenuta inoppugnabile. Tanto renderebbe perfino inammissibile l’impugnazione”.

Non manca naturalmente il riferimento all’autorizzazione paesaggistica e archeologica, per la quale la società “riferisce che il MIBACT ha adottato e reiterato, nel 2014, un provvedimento cautelare ai sensi dell’art. 150 del Codice, sul presupposto che non fosse chiaro se l’AIA originaria risultasse o meno munita di autorizzazione paesaggistica e che, nel contenzioso che ne è scaturito, il TAR, con ordinanza del 28 novembre 2014 n.6093, dopo aver passato in rassegna tutta la vicenda e aver rilevato che la Soprintendenza non ha intrapreso alcuna iniziativa processuale nei confronti della Regione Lazio per invalidare l’AIA in base alla quale Guidonia Ambiente ha realizzato l’impianto, ha concluso che gli atti di causa ivi esibiti non consentono di addivenire, sic et simpliciter, ad un giudizio di nullità dell’AIA, rilevabile d’Ufficio, come pareva adombrato nella memoria della difesa erariale”. Provvedimento per la società dunque inoppugnabile una volta esclusa la configurabilità dell’Aia del 2010, ed ininfluente quanto accertato in sede penale “sia perché non suscettibile di giudicato, sia per profili di merito, sicchè l’impianto legittimamente sarebbe stato realizzato e ultimato sulla base di un’AIA valida ed efficace né potrebbe chiedersi, a chi ha legittimamente realizzato un’opera, di rispettare un vincolo successivo.

Quanto al contestato carattere non essenziale della variante, la contro interessata ricorda che essa riguarda non una discarica o un impianto di incenerimento bensì un impianto di trattamento, non pericoloso per l’ambiente ma, viceversa, svolgente attività che l’art. 7, comma 1, del D.Lgs. 36/03 (attuativo della direttiva 1999/31/CE) indica come necessarie. Ciò costituirebbe ulteriore motivo di inammissibilità del ricorso. Secondo la controinteressata la parte ricorrente suggestivamente confonderebbe l’impianto di trattamento con la discarica, peraltro chiusa, le cui vicende non solo non sarebbero utili a sostenere un inesistente danno ambientale ad opera dell’impianto di trattamento, ma non potrebbero neanche essere invocate per impedirne l’esercizio, poiché normativamente è previsto l’esatto contrario”.

Il futuro. Detto della delusione cocente per le associazioni ambientaliste che da anni si battono sulla questione Tmb e non solo, quella del Tar è ad oggi un tassello di un puzzle che può cambiare di nuovo. C’è ancora l’eventualità del ricorso al Consiglio di Stato in merito alla recente sentenza, e sono ancora attese le decisioni del Consiglio dei Ministri. L’impianto all’Inviolata resta sotto sequestro.

Sentenza scaricabile sul sito del Tar del Lazio.

Condividi