“Le coincidenze sono le cicatrici del destino. Le coincidenze non esistono, Daniel: siamo solo marionette mosse dalla nostra incoscienza”. Coincidenze ed incoscienza. Parecchia. Potente, inattesa e per certi versi sorprendente. “In genere il destino si apposta dietro l’angolo, come un borsaiolo, una prostituta o un venditore di biglietti della lotteria, le sue incarnazioni più frequenti. Ma non fa mai visita a domicilio. Bisogna andare a cercarlo”. Stavolta il destino si è nascosto nell’interruzione traumatica di una esperienza e nell’opportunità di iniziare un qualcosa di nuovo quando tutto lasciava intendere l’esatto contrario. Iniziare una nuova storia. Con l’amore della mia vita professionale. Quello che per la prima volta mi ha spezzato il cuore. Ricominciare come direttore e soprattutto come unico proprietario del giornale. Non ho intenzione di fare proclami, promesse, dichiarazioni d’intenti. Mi annoia la sola idea di pensarli, figurarsi scriverli, a maggior ragione in un contesto in cui è difficilissimo prendersi poco sul serio. Posso solo promettere solennemente di evitare quegli imponenti, intricati, retoricissimi pezzi nati più per soddisfare l’intrinseco narcisismo che possiedono tutti quelli che fanno della parola scritta la loro merce che per una effettiva necessità. Questo sì, lo prometto. Se non dovessi mantenere tale impegno, spetterà all’editore farmelo notare. Quindi lo farò notare a me stesso, in un bipolarismo atavico per una volta incanalato in una direzione adatta alla situazione. David Martin e Andres Corelli, tanto per continuare con Zafon, che non si arrabbierà visto che parliamo di parole e di scrittura.
Il resto sarà al buon cuore di chi avrà la bontà di ritornare sulle pagine di Roma Est Magazine per comprendere un fatto, uno e soltanto uno. Ero uscito a fare due passi. Per chi mi conosce meglio, più verosimilmente ho preso l’uscio per fumare. E ci è voluto tempo, viste le mie difficoltà col tabacco e con le cartine. Ora sono tornato. Solo. Nessuno a cui rendere conto. Un po’ arrabbiato. Più consapevole del mestiere – l’esperienza in un quotidiano tempra e affina certe caratteristiche e ne elimina altre – e più maturo (ma non più vecchio). Torno in un giornale che oggi è completamente mio. Ho ancora un sacco di cose da imparare, ovviamente. E le imparerò. Tra le cose che andranno bene e i pali da prendere in faccia. Quelli presi fanno ancora piuttosto male. Tutta esperienza e tutta salute.
“…Lucy [In seduta psichiatrica]: Forse è meglio metterla in modo diverso… La vita, Charlie Brown, è come una sedia a sdraio…
Charlie Brown: Come che cosa?
Lucy: Non sei mai stato su una nave da crociera? I passeggeri aprrono queste sedie a sdraio di tela per sedersi al sole… Alcuni piazzano la loro sdraio a poppa, così possono vedere dove sono già stati… Altri mettono la loro sdraio a prua… Vogliono vedere dove stanno andando! Sulla nave della vita, Charlie Brown, da che parte metti la tua sedia a sdraio?
Charlie Brown: Non sono mai riuscito ad aprirne una…”
Un anno e mezzo per strada, tutti i giorni, sette giorni su sette. Non ho bisogno di un posto comodo, né tantomeno di una sdraio. Mi basta più di qualche sigaretta e uno sguardo verso il mare per vedere se la rotta è quella giusta. In piedi va benissimo. Si vede meglio.
“Certi amori non finiscono. Fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Ritornano. Non sempre. Ma ritornano.
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