RomaEst Magazine, le ragioni di un addio: alla ricerca di sfide nuove

In Primo Piano da Yari Riccardi

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“…Pensi a una stazione, a un amore che parte…”. Poche frasi rendono meglio il senso  dell”idea di giornalismo che abbiamo sempre portato avanti. Un’idea che nasce dalla profonda immersione nell’ambiente che ci circonda, strade, vie, palazzi. Persone. Ecco, nell’ultimo giorno da direttore di Roma Est Magazine, primo sito di informazione a Guidonia – primo per nascita, seguito dagli altri con distacco – l’unica cosa che intendo rivendicare è l’attenzione alle persone, e alle loro storie. Su queste pagine hanno trovato volto e parole tutti quelli che volto e parole, e quindi spazio, non ne hanno e spesso non ne trovano, attraverso un racconto che è sempre stato empatico e ‘nei loro panni’. Alti e bassi ha vissuto questo giornale, che per più di qualche anno è stato riferimento per molti, per la politica probabilmente ma – ed è quello che più mi interessa – per le persone comuni, che cercano quelle storie che danno senso e vita al posto dove viviamo. “A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie”, ed è per questo che oggi non è il giorno del mio addio a RomaEst, ma è il giorno di quelle persone che su queste pagine cercavano altro. Non solo la politica, non solo la cronaca nera – che abbiamo trattato con una delicatezza forse eccessiva ma mai rimpianta – ma anche e soprattutto i volti e le parole di chi è ai confini. Penso a Rocco, penso ad Aldo, penso al piccolo Adrian che studia sotto un lampione, penso alle passeggiate in mezzo ai rifiuti, penso alla storia di Antonietta, a quella dello stupro di Pizzoli, di Chiara, dei piccoli studenti delle scuole elementari, delle associazioni, dei progetti che vale la pena raccontare, a Rosy. Sbagli ne abbiamo fatti. Ma anche tanto orgoglio nel lasciare un giornale che, seppur in mezzo alla tempesta, non ha mai fatto un passo indietro sullo stile e sull’approccio alla notizia. Non quella politica, ma quella di tutti i giorni, quella per cui vale la pena fare, ancora, questo mestiere.

Non posso non ringraziare chi ha collaborato con questo giornale. Penso ad Alessandra Balla, a Daniele Bongi, con me agli inizi e amico fraterno, a Elena Giovannini, a Riccardo Sgroi, a Martina Fedeli e a Nadia Napoleoni. A tutti loro va il mio grazie per aver creduto in questa grande avventura che per me è stata questo giornale, a tutti loro arriverà un pensiero in forma privata, perchè certe cose vanno dette, ma faccia a faccia si dicono meglio. Penso all’editore, Gianluca Angelini, amico, fratello maggiore e punto di riferimento, che ha dovuto subire spesso le mie paranoie, frequenti in verità.

Lasciare questo giornale è come lasciare un figlio, come vedere un amore che parte, è chiudere la porta su una parte della vita, forse la migliore, di certo quella vissuta con la passione della sfida. Perchè questo RomaEst è stato, per me. Una sfida, che lascio alla ricerca di nuove. Che non posso dire di aver vinto. Ma che di certo ho combattutto con onore.

“…Lui non sorride. Non può. Ci Prova. “Grazie” dice. La sua faccia è di pietra. “Grazie per questi sette anni. Grazie per tutta la mia vita” (…) Raccoglie tutto quello che può. Ancora le sue lacrime. Pensi a una stazione, a un amore che parte. E il problema è che non sai cosa fare. E’ provare a capire cosa sta succedendo, è cercare di aggrapparti a un pensiero fragilissimo che ti sussurra: tutto questo è solo calcio. Certo, ma il calcio sono anche i tuoi giorni, le parole dette, quelle scritte, le facce, gli abbracci, i gol, i cori, le delusioni, quei pochi sogni trovati, quei cento sogni smarriti…”. Calcio e lavoro, equazione che raramente sbaglia il risultato. Soprattutto quando è ora di dire addio.

E’ stato davvero un privilegio.

 

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