C’è una crepa in ogni cosa, ed è lì che entra la luce. Arriva sempre una crepa all’interno di quelle macchine perfette che oggi vengono chiamate sgomberi, quando ruspe e uomini entrano nei campi rom per fare quello che devono fare. Macchine perfette che spesso lavorano in posti pieni di buio, e non riescono a vedere chi all’interno di un posto simile all’inferno tenta di sopravvivere da 15 anni, con coraggio e con dignità, perché vuole dare ai figli un futuro, un’istruzione, una vita. Al buio, dove le crepe non ci sono, capita anche che la piccola roulotte dove la tua famiglia ha passato tutta la vita venga danneggiata irrimediabilmente. Una roulotte vicino all’inferno, perché quello Stacchini era, quando è stato fatto il primo sgombero, anni fa, e forse non smetterà mai di esserlo. Facciamo un salto indietro. Questa estate una foto aveva toccato i cuori di molti, quella del piccolo Daniel che, nelle Filippine, studia sotto la luce di un lampione. In strada. La commozione, la solidarietà, le lacrime. C’è un Daniel che vive anche qui. Anche lui ha bisogno di luce. Luce che manca per Adrian, ragazzo rom sgomberato da Stacchini insieme alla sua famiglia, che ora vive da qualche parte tra Tivoli e Guidonia. Adrian va a scuola, fa la seconda media, e nel posto dove vive ora la corrente non c’è, e quindi per studiare il ragazzo ha bisogno anche lui di un lampione, o di una candela. Adrian come Daniel, solo che Adrian non sta nelle Filippine, ma ‘dentro’ le nostre case, figlio di una famiglia regolare qui da 15 anni, seguita anche dalla Comunità di Sant’Egidio, come un’altra quindicina di famiglie che ora sono sparse qui e là. C’erano anche loro a Tivoli Terme, quella notte dopo lo sgombero, nella scuola. Il nucleo familiare di Adrian si compone di due famiglie, per un totale di 8 persone, 4 sono bambini, uno di 5 anni, gli altri poco più, fino ad arrivare al ragazzo. Sono rimaste qui, perché alternative non ce ne erano, perché qui c’è la scuola, la possibilità per i figli di vivere meglio dei padri. Qui c’è chi ha investito tempo su di loro, c’è chi cura il doposcuola per i bambini, c’è il Comune che aveva garantito il pulmino (come per gli altri bambini) prima dello sgombero. Ma non c’è la casa, e nemmeno più la piccola roulotte che lo sgombero ha portato via per sempre. Queste persone rimpiangono – e lo fanno veramente – Stacchini. Meglio lì di dove vivono ora. Volontà di integrarsi, volontà di provare a vivere e a far crescere i figli in un posto non bello, né brutto. Normale, niente di più. Il ragazzo, se non nella teoria, certo nella pratica è un concittadino di tutti noi. Tanti anni fa a Guidonia assegnarono un civico fittizio a Rocco Visca, l’invisibile di via Zambeccari, per fare in modo di poter dare all’uomo la residenza e qualche diritto. Potrebbe essere la soluzione anche per Adrian e la sua famiglia, che vivono in un posto buio da qualche parte all’interno del territorio del comune di Tivoli. La residenza per Rocco ha voluto dire perlomeno esistenza. Magari per Adrian potrebbe voler dire casa, e non studiare più sotto un lampione in un pezzo di terra tra Tivoli e Guidonia. Che non è casa e non è strada. E’ solamente terra. E buio. Tanto buio.
Condividi