All’inizio dell’estate il litorale del Lazio, sia a Nord che a Sud, è stato preda di un nauseabondo “blob” che ha reso impossibili i tuffi in un mare costellato anche da rifiuti galleggianti. C’è chi ha ipotizzato che la fonte dell’inquinamento potessero essere le grandi navi che scaricano al largo o qualche problema a un depuratore, ma un fenomeno così duraturo e massivo non può che avere cause strutturali. Così i tecnici della Goletta Verde hanno mirato i loro campionamenti puntuali alla ricerca dell’origine di questa “ondata marrone” e i risultati delle analisi microbiologiche non sembrano lasciare dubbi: fossi e torrenti sversano direttamente in mare un cocktail micidiale, creando una melassa melmosa e stagnante dove proliferano infestanti alghe filamentose.
Ben undici punti sulle foci dei piccoli corsi d’acqua della nostra regione sono risultati “fortemente inquinati” e altri tre “inquinati”; e ciò nonostante i criteri più permissivi della nuova legge sulla balneazione in vigore da quest’anno. Ma altri due elementi fanno capire la gravità della situazione: la temperatura allo sbocco dei fossi è stata misurata sino a picchi di oltre 34 gradi centigradi, come dire che in mare arriva una “brodaglia bollente”, viscosa e torbida. In diversi casi, questo il secondo elemento, la trasparenza non supera i 10 centimetri.
È questo, in sintesi, il bilancio della fotografia che i biologi della Goletta Verde hanno scattato lungo le coste del Lazio nelle giornate del 21 e 22 luglio scorsi, presentato a Roma a conclusione del passaggio nella nostra regione della storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo di Consorzio Ecogas e Novamont. Le criticità sono state illustrate da: Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente; Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio e Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio.
Ecco in dettaglio, provincia per provincia, dove è stata rilevata la situazione allarmante alle foci, con grave rischio di inquinamento microbiologico anche per le zone limitrofe:
in provincia di Roma allo sbocco del Fosso Cavallo morto ad Anzio, del Fosso d’Incastro ad Ardea, del Fosso Zambra a Cerveteri e del canale sul lungomare Pyrgi a Santa Severa (Comune di Santa Marinella), insieme alle foci del Tevere a Fiumicino e del Rio Torto a Pomezia. Inquinati anche gli sbocchi di Astura a Nettuno e Rio Vaccino a Ladispoli;
in provincia di Viterbo sono risultate “fortemente inquinate” due zone che si trovano entrambe nel Comune di Tarquinia, ovvero la foce del fiume Marta e quella del torrente in località Saline. Inquinata la foce del fiume Fiora a Montalto di Castro;
in provincia di Latina sono zone ad alto rischio le foci del Rio Santa Croce a Formia (una conferma cronica che fa scattare l’assegnazione della Bandiera Nera), del torrente Claro Sant’Anastasia a Fondi e dello sbocco del canale in località Sant’Agostino a Gaeta.
In vetta alla classifica dell’inquinamento da Enterococchi intestinali ed Escherichia Coli si sono piazzati i prelievi effettuati alle foci del Rio Santa Croce in località Gianola a Formia, e del Fosso d’Incastro in località La Fossa ad Ardea, e quelli effettuati sul canale in località Sant’Agostino a Gaeta e sul canale presso il Lungomare Pyrgi di Santa Severa. Tutti e quattro questi punti, infatti, hanno fatto registrare un livello così alto di inquinamento microbiologico che non è stato possibile quantificare le colonie di microrganismi presenti per millilitro d’acqua. A seguire i risultati peggiori sono stati registrati ad Anzio, Saline di Tarquinia, Fiumicino e Pomezia.
“Dopo oltre un mese di viaggio tra l’Adriatico e il Tirreno, le analisi di Goletta Verde confermano che in molte regioni c’è un quadro allarmante per lo stato di qualità dei fiumi e dei corsi d’acqua minori, a dimostrazione di come i problemi di salubrità del mare inizino in realtà da terra e non possano essere considerati esclusiva competenza dei Sindaci della costa – afferma Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente- I criteri più permissivi della nuova normativa sulla balneazione, appena entrata in vigore, fanno diventare in molti casi il mare ‘pulito per decreto’, mentre i cittadini si ritrovano a fare il bagno in mezzo ai liquami. Serve più attenzione, in Italia non si può rallentare il processo di risanamento di fiumi e mari, c’è una procedura d’infrazione in corso sulla depurazione delle acque reflue, mentre il 30% degli italiani, pari a 18 milioni di nostri connazionali, è ancora sprovvisto di impianti di depurazione”.
Una sottolineatura, come detto, meritano le temperature dell’acqua rilevate dai tecnici della Goletta Verde, con un punto alla Foce del Rio Vaccino a Ladispoli (Rm) che addirittura arriva a ben 34,1°C e altri 9 casi in cui le temperature sono comunque costantemente sopra i 25°C, superando addirittura i valori della torrida estate del 2003 quando il picco massimo venne registrato a Fregene con 30,5°C. Una evoluzione da tenere estremamente sotto controllo, insieme alle concentrazioni dell’ossigeno disciolto, per il possibile incremento di proliferazioni algali. Colpiscono inoltre le rilevazioni visive relative alla trasparenza, con più punti di campionamento che non superano i 10 centimetri di visibilità e comunque con un “massimo” di 50/70 centimetri.
“Acqua calda, melmosa ma balneabile come è stata all’inizio di luglio in alcune località del litorale del Lazio, è questo il rischio di assurde normative permissive che, invece di garantire i cittadini e le imprese balneari, aprono problemi enormi –commenta Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio- In alcune delle zone poi risultate a rischio, fa riflettere l’aver trovato anche consistenti frequentazioni di bagnanti. D’altronde con grandi e piccoli scoli che portano direttamente i liquami in mare, dal litorale laziale si comprende bene che la priorità fondamentale per la salute del nostro mare è la depurazione, visto anche che nel Lazio c’è ancora un milione e mezzo di cittadini, pari al 26% del totale, che non ha un servizio di trattamento dei reflui fognari, mentre il 15% non è nemmeno allacciato alla rete fognaria. Un altro mare è possibile ma il tempo stringe, per centrare l’obiettivo di buona qualità delle acque fissato entro il 2015, bisogna investire presto e bene i 750 milioni di euro destinati dalla Regione Lazio alla depurazione”.
“Quella dell’inquinamento è solo una delle criticità con cui fa i conti il mare del Lazio –ricorda Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio- Le tappe percorse dalla Goletta Verde hanno delineato infatti un filo rosso di denuncia: dai nuovi faraonici porti del Lazio, tanto inutili quanto speculativi, che accentuano l’erosione innescando ripascimenti a peso d’oro, agli assalti dell’illegalità al Parco nazionale del Circeo, dove vanno difesi con forza segnali positivi come la liberazione del Lago di Paola da undici pontili abusivi con centinaia di imbarcazioni. Con una catena umana di centinaia di persone abbiamo stigmatizzato l’impatto letale che avrebbe sul turismo la folle scelta nucleare, a Montalto di Castro piuttosto che a Borgo Sabotino o sul Garigliano, mentre allo stesso tempo va abbattuto il ‘lungomuro’ degli stabilimenti balneari sul Lido di Ostia, fatto di cancelli, palizzate e tornelli per monetizzare e impedire illegittimamente il libero accesso al mare. Tra appetiti criminali e progetti sbagliati si delinea un’alleanza distruttiva, insomma, contro la quale va riaffermata la valenza di un mare bene comune, da difendere ogni giorno respingendo le ondate della sopraffazione e dell’illegalità”.
Proprio a casi di cementificazione della costa sono legate tre delle quattro Bandiere Nere destinate ai nemici del mare che sono state assegnate dalla Goletta Verde nel Lazio. Hanno conquistato il poco ambito vessillo: il “Porto della Concordia” di Fiumicino, mega progetto che prevede 130 mila metri cubi di banchine e attrezzature connesse sulla foce del Tevere, zona ad altissimo rischio idrogeologico; la lottizzazione abusiva “Il villaggio del Parco” a Bella Farnia di Sabaudia (Lt), dove un fondo agricolo di 12 mila metri quadrati è stato trasformato in centinaia di villini residenziali; infine il “lungomuro” degli stabilimenti di Ostia, che hanno nascosto il mare con grandi muraglie e pretendono canoni irrisorsi e un “dazio” per far accedere i cittadini alla spiaggia. La quarta Bandiera Nera è stata assegnata per il grave inquinamento della foce del Rio Santa Croce nel Comune di Formia (Lt) che da anni versa in una pessima condizione dal punto di vista della depurazione e del degrado. Una situazione più volte denunciata dalla Goletta Verde e certificata anche dai dati ARPA Lazio, ma mai affrontata fino in fondo, tollerando una vera e propria fogna a cielo aperto nell’area di Gianola, uno dei luoghi più belli di Formia.
A conferma che le brutte notizie per le coste di questa regione non arrivano solo dall’inquinamento microbiologico, ma anche dal cemento abusivo vista mare e dagli illeciti perpetrati contro mare e litorali, ci sono i dati del dossier Mare Monstrum 2010 di Legambiente: con 636 reati accertati su mare e demanio marittimo, ovvero con 1,8 illeciti per chilometro di costa, il Lazio si è piazzato al sesto posto nella classifica nazionale del “mare illegale”. Considerando solo gli abusi edilizi su demanio marittimo, gli illeciti accertati lo scorso anno nel Lazio sono stati 275.
Legambiente con la Goletta Verde ha voluto anche rilanciare esperienze e conoscenze esistenti da valorizzare: è il caso delle meravigliose e dimenticate grotte del Circeo, uno dei principali poli di interesse speleomarino e paleoantropologico d’Italia, che versa in una condizione scandalosa di abbandono e degrado, un’occasione anche per creare nuove opportunità lavorative con percorsi di cura del territorio. Per guadagnare un po’ di ottimismo basta volgere le sguardo verso le 12 località del Lazio che sono state premiate dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano, che segnala le 364 località costiere che stanno puntando su qualità e sostenibilità per coniugare l’offerta turistica al rispetto dell’ambiente.
In vetta alla classifica regionale ci sono Montalto di Castro (Vt) e Ventotene (Lt), entrambe con quattro vele. Seguono con tre vele Sperlonga (Lt) e con due Sabaudia (Lt), Tarquinia (Vt), San Felice Circeo (Lt), Nettuno (Rm), Ostia (Rm), Santa Marinella (Rm), Gaeta (Lt) e Ponza (Lt). Una vela, infine, per Anzio (Rm).
Buone notizie dal Lazio anche sul fronte del turismo sostenibile. Nella Guida Blu di Legambiente e Touring Club sono infatti presenti anche le strutture ricettive e turistiche aderenti all’etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo. Nel Lazio sono presenti 7 strutture ricettive e turistiche con quasi mille posti tra alberghi, Bed&Breakfast e stabilimenti balneari tra Gaeta e Roma. Si tratta di aziende di varie tipologie e classificazione che hanno concordato con Legambiente Turismo -che ne controlla anche l’effettiva attuazione- misure semplici ma efficaci tese a migliorare la propria gestione ambientale e il comfort, riducendo i consumi critici, sensibilizzando i propri ospiti, contenendo l’impatto delle attività sull’ambiente e promuovendo il territorio circostante. Molto significativa la scelta di queste aziende di partecipare ad una rete turistica di qualità -la più importante e ramificata in Italia- che conta ad oggi 426 imprese con oltre 63.000 posti in 16 regioni italiane e applica i Common Basic Standard di VISIT EUROPA, una organizzazione che raggruppa le varie etichette ecologiche europee del turismo. Informazioni dettagliate e indirizzi delle strutture sono sul sito web www.legambienteturismo.it.
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