Le strisce blu su via Roma erano legittime. Ora che l’amministrazione comunale di Guidonia le ha sostituite con il disco orario per andare incontro alle richieste dei commercianti, una sentenza le riporta alla ribalta. Perlomeno come dato di colore. Sentenza definitiva: il 23 marzo 2015 lo ha stabilito il giudice monocratico Annamaria Di Giulio, Sezione civile del Tribunale di Tivoli davanti al quale il Comune di Guidonia Montecelio aveva presentato opposizione alla sentenza del Giudice di Pace che, provvisoriamente esprimendosi, nel 2012 aveva accolto il ricorso di una cittadina residente in via Carlo Del Prete, multata dai Vigili urbani per avere lasciato il suo veicolo in zona di sosta a pagamento senza esporre la comprovante ricevuta di pagamento. All’epoca, la signora aveva chiesto e ottenuto la nullità del verbale elevato a suo carico per “illegittimità della predisposizione nella carreggiata di marcia di aree destinate a parcheggio con controllo del tempo della sosta a pagamento” in violazione del Codice della strada, la condanna del Comune al pagamento delle spese legali. Nella recentissima sentenza, il magistrato che si è espresso a favore dell’ente ha sottolineato una errata interpretazione del Giudice di Pace, il quale “semplicemente sbagliò – fanno sapere da Palazzo Matteotti – nel non ritenere che al contrario ‘la carreggiata ben poteva essere delimitata dalle strisce blu dei parcheggi’ alla stregua di ‘marciapiedi, muretti, spartitraffico, ovvero elementi fissi’, come sbagliò a condannare il Comune a rifondere i ricorrenti relativamente alle spese legali sostenute”. Il caso della signora fu solo il primo. Altri ricorsi vennero presentati davanti al Giudice di Pace, tutti con grande evidenza pubblica, con qualche consigliere comunale di opposizione che accusò il Comune di “forme di strozzinaggio ai danni dei cittadini contribuenti, determinando una situazione assurda secondo la quale il Comune non solo pretende il pagamento dei parcheggi ma poi, ad ogni multa giustamente annullata, viene anche condannato al pagamento delle spese processuali”. Per la signora, oltre il danno anche la beffa. Il Giudice monocratico l’ha anche condannata, come per legge, “al pagamento delle spese di lite relative al doppio grado di giudizio”.
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