Guidonia. Niente Registro Comunale per le Unioni Civili: il Consiglio dice no alla proposta del PD

In In Evidenza, Politica, Primo Piano da Yari Riccardi

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Alla fine il Consiglio Comunale di Guidonia dice no. Niente Registro Comunale per le Unioni Civili, regolamento e mozione portata avanti dal PD che tuttavia non ha fatto breccia nel Consiglio, unito nel rigettare una proposta che pochi sbocchi ha trovato, soprattutto a livello meramente “tecnico”. Dodici voti contrari (la maggioranza e Cubeddu del M5S) e due astenuti, il sindaco e il Presidente del Consiglio Comunale. Non è il Consiglio Comunale che può deliberare su questo tema, e, nell’attesa di un intervento del legislatore a livello nazionale, questo è quello che in sintesi è uscito dal dibattito: il Registro poteva essere oggetto di false illusioni per quelle coppie – etero e omosessuali, il provvedimento avrebbe interessato ogni tipo di unione – che miravano ad esso per maggiori diritti e tutele. Cosa che, ad oggi, un tale Registro con annesso regolamento sembra non poter offrire. Molti consiglieri hanno parlato a titolo personale, perché, evidentemente, su un tema del genere non può non esserci liberà di scelta e di valutazione. “Il regolamento e il registro per le unioni civili – spiega il capogruppo di FI Michele Venturiello – sono atti inutili, che non conferiscono alcun diritto alle unioni diverse da quelle fondate sul matrimonio. Tutti i servizi sono e restano accessibili a ogni persona, in quanto tale e non come coppia: vale la pena ricordare che lo stato delle persone è a cura dello Stato, assegnato a questo dalla costituzione”. Un discorso molto tecnico quello di Venturiello, e chiaramente intriso della visione filosofica e religiosa personale del consigliere, che ha di fatto aperto il dibattito. Il PD ha tentato di difendere il provvedimento con tutti i suoi componenti, da Rita Salomone a Simone Guglielmo, aprendo per altro a “emendamenti che non – ha spiegato Di Silvio – stravolgano tuttavia la nostra proposta”, visto anche lo studio parallelo sul tema che sta portando avanti l’assessore Angelini. Dibattito interessante e appassionato, che ha visto gli interventi di tutti i gruppi della maggioranza e di tutta l’opposizione, con il M5S che si è poi diviso sul voto: Cubeddu ha detto no, e Santoboni sì. Alla fine il voto ha confermato il trend del dibattito, e non è stato così sorprendente vedere il provvedimento rigettato, nell’attesa tuttavia di sapere cosa si deciderà a livello nazionale. C’era il pubblico delle grande occasioni: delusione per l’esito della votazione da parte del Movimento Diritti Civili Guidonia. A margine del Consiglio ha commentato l’esito della votazione anche il Vice Sindaco Andrea Di Palma. “La maggioranza ha dato prova di unione votando in maniera così netta il no al provvedimento proposto dal PD, e questa unione non può che essere ottima base per il futuro di questa amministrazione”. Sul tema Di Palma ha una posizione piuttosto netta: rispetto e accoglienza, ovviamente, “ma a questo non può essere correlato riconoscimento ed equiparazione. Riconoscere le unioni civili significa svilire gli impegni presi da chi decide di sposarsi. Il matrimonio è un accordo civilisticamente rilevante e come tale implica diritti ma anche chiari e specifici doveri. Se andiamo oltre e pensiamo di riconoscere legalmente altre unioni vogliamo di fatto estendere i diritti derivanti dal matrimonio a chiunque decida di convivere, i diritti ma non i doveri quali ad esempio il vincolo di durata dell’unione, il dovere di sostegno del coniuge e dei figli in caso di eventuale separazione. Chi si sposa diventa una cosa sola con nuovi diritti e doveri e non due cose insieme con maggiori diritti”.
I Preliminari. Fuoco e fiamme all’inizio del consiglio, che ricomincia da dove era finito, ossia dall’uscita dall’aula del M5S nella scorsa assemblea. Si conferma e sembra amplificarsi la spaccatura all’interno dell’opposizione. “Al PD riesce meglio opporsi al M5S che alla maggioranza”, così è stata la risposta del M5S al PD che salutava il loro ritorno in aula, ricordando tuttavia gli scontri mediatici post consiglio del 15 gennaio. Tra scambi di vedute politiche e di esempi di bon ton istituzionale, e tentativi neanche troppo convinti di “pace” (“Dovremmo smettere di litigare”, chiude così De Vincenzi il suo intervento) uniti a velate accuse di ricerca di visibilità da parte del M5S, chiusi dalla domanda di Cubeddu, “Faceva comodo a qualcuno che noi non fossimo in aula?”, il Consiglio impiega almeno un’ora e mezza per i preliminari. Forse un po’ troppo tempo, vista l’importanza dei punti all’ordine del giorno, e visto che, alla fine, il dibattito sul ruolo del M5S ha solo amplificato la distanza di vedute non tanto tra la maggioranza e i grillini, evidente e legittima, ma tra questi e il PD. L’impressione è quella di uno scontro per la leadership all’interno della minoranza. Scontro che, visti gli esordi, si preannuncia all’ultimo sangue.

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