Dal risultato elettorale negativo del 25 febbraio a oggi è difficile credere che molti militanti abbiano capito cosa sta succedendo a quel partito di cui fanno la tessera e a cui dedicano il loro tempo libero.
Non hanno capito perché si è passati dall’esclusione categorica di ogni possibilità di governo con il PDL – cioè con Berlusconi – al governo sostenuto, e ben rappresentato, dal PDL. Non hanno capito come, perfino da parte di politici di lunga storia, si siano potuti confondere l’elezione del Presidente della Repubblica con
la formazione di un nuovo esecutivo. Non hanno capito come mai nella direzione nazionale – organismo che sembra messo lì per votare sempre all’unanimità – seguita alle dimissioni del segretario si sia deciso che il Partito non dovesse decidere niente.
Non hanno capito come mai, in questo governo descritto come obbligato, il Partito Democratico sia ben lontano dai ministeri che pesano come Difesa, Lavoro, Interni, Esteri, Economia e Giustizia, che solo chi di politica ignora tutto può pensare come compensabili con incarichi senza portafoglio o sottosegretariati.
E non hanno capito, se volessimo andare più indietro, il sostegno testardo a un governo come quello Monti, che di tutte le parole d’ordine che si era prefisso ha dimenticato solo l’equità. Sono passati sei anni dalla nascita del Partito Democratico, anni in cui non siamo riusciti a decidere la collocazione europea, in cui non siamo riusciti a mantenere stabili le norme che regolano la vita del partito, in cui non c’è stato un solo giorno senza un dirigente che prendesse una posizione su un tema importante per essere smentito poche ore dopo da un altro dirigente. Lo Statuto, troppo spesso modificato e troppo facilmente interpretabile, dice che i Circoli costituiscono le unità organizzative di base attraverso cui gli iscritti partecipano alla vita del partito, ma pian piano sono diventati sostanzialmente dei primarifici, posti dove più che per porre domande o ottenere risposte si è venuti per mettere un segno su candidati predefiniti e mai visti.
Malgrado tutto questo e il magro risultato delle politiche, nel nostro piccolo di circolo di periferia siamo comunque riusciti ad aumentare i consensi del Partito alle ultime regionali, sia in percentuale che in numero assoluto, cercando anche qui di arginare la tendenza culturale,dimostratasi spesso perdente, a credere che per conquistare la Regione basti vincere nella città di Roma. Non siamo un circolo di quelli dei bei quartieri della Capitale che vengono in questi giorni ripetutamente intervistati sulla delusione del militante. Qui la TV o la stampa non vengono mai, e siccome siamo tutti pendolari l’occupazione del circolo non ce la possiamo permettere. Da oggi cesseremo ogni attività propagandistica, ogni incontro pubblico, ogni evento, fin quando non arriveranno risposte chiare e tempi certi dagli organismi superiori, risposte che a dire il vero sarebbero già dovute arrivare dopo l’incommentabile vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica. Dal momento in cui avremo qualcosa di concreto da dire ai nostri militanti, sarà, come è sempre stato, nostro impegno informarli.
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