Lazio, escalation criminale (Norma Ferrara, dalla newsletter di Libera)

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Secondo la Direzione Antimafia nel Lazio le organizzazioni criminali mafiose si infiltrano progressivamente nel tessuto imprenditoriale ed economico ma non mirano a realizzare un capillare controllo del territorio né sono interessate a scontrarsi militarmente per l’occupazione di zone di influenza a scapito di organizzazioni rivali. Sono 38 gli omicidi nella regione, di cui 12 riconducibili a metodi di stampo mafioso. Lo conferma la relazione della Dna: «Naturalmente non può tacersi dei numerosi fatti di sangue che si sono verificati negli ultimi mesi a Roma e nell’hinterland (quasi trenta omicidi dall’inizio del 2011, numero al quale devono aggiungersi i numerosi episodi di gambizzazione o i tentativi di omicidio che pure si sono verificati)». Si tratta di omicidi che la curatrice della relazione del distretto di Roma, il magistrato Diana De Martino, ritiene non tutti collegati fra loro e “non si può parlare di ritorno della Banda della Magliana”. «Non c'è un ritorno della Banda della Magliana – dichiara Antonio Turri, referente di Libera – non siamo di fronte a quel gruppo criminale come lo abbiamo conosciuto. Siamo di fronte, invece, ad una vera e propria holding economico – criminale. Diversi i clan che hanno contaminato il territorio e oggi, a gestire gli affari sul litorale laziale come nella capitale, non sono più uomini che arrivano dal “Sud” ma imprenditori, commercialisti, politici che sono nati e cresciuti in questa regione. Sono nostri concittadini». I numeri, presenti nei rapporti della Direzione nazionale antimafia, nell'annuale rapporto stilato da Confesercenti, quelli pubblicati dalle forze dell'ordine e dalle sezioni antidroga, raccontano di una avanzata criminale che non ha sosta. E che fa pensare che ci sia in atto uno scontro per il traffico di stupefacenti, fra quartieri ad alta densità abitativa. «A Torpignattara, per intenderci, si traffica più droga che a Scampia – sottolinea Turri». Inoltre le ultime operazioni antimafia dimostrano quanto le mafie siano presenti nel circuito dell'economia locale e – «questo crea anche un certo consenso nella società, perché crea posti di lavoro, alimentando se non un appoggio, almeno una silenziosa convivenza con imprese mafiose». Anche la Dna sottolinea l'intensificarsi di fenomeni criminali e di omicidi, nell'ultimo anno. «Molte aggressioni – per le modalità esecutive, o per le caratteristiche soggettive delle vittime, o per l’esito delle attività di indagine – risultano maturate a seguito di contrasti insorti in un contesto criminale, ed in particolar modo nel traffico degli stupefacenti» ma nonostante il livello di allerta percepito dalla società civile scrive «al momento non sono emersi elementi per ritenere che tali delitti, o alcuni di essi, rappresentino segnali di un tentativo di monopolizzare il mercato dello spaccio, o azioni di ritorsione ad analoghe azioni delittuose». Quella delle mafie nel Lazio, dunque, è ancora una storia tutta da scrivere, sia sotto il profilo investigativo che quello giornalistico.

Norma Ferrara

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