Caso Crocifisso, incontro tra Rubeis e il dirigente Simboli. Il sindaco: “Richiamo tutti al buon senso”

In Cronaca & Attualità, Primo Piano, Terza pagina da Yari Riccardi Commenti

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Fa appello al buon senso il sindaco Rubeis per venire a capo della vicenda dei Crocifissi nella scuola Garibaldi di Setteville. Crocifissi che ancora aspettano di essere rimessi al loro posto e non su una cattedra o dentro un cassetto.

“Rispetto l’autonomia della scuola e di chi vi opera, la dirigenza, gli insegnanti, tuttavia sento il dovere di richiamare il personale docente al buonsenso, invitandolo a ricollocare alle pareti delle aule il simbolo del Crocifisso rimosso ormai da tempo a seguito di lavori. Mi auguro, ne sono certo – spiega il primo cittadino – che posizioni ostative così come rappresentate da alcuni genitori che a me si sono rivolti, non nascondano motivazioni ideologiche. Devo e voglio rappresentare le istanze di tutti, richiamando però tutti al rispetto della nostra identità culturale, prima che religiosa”. Il dirigente scolastico dell’istituto comprensivo, Stefano Simboli, e Rubeis hanno avuto un incontro nella giornata di ieri, dove il preside ha spiegato ragioni e circostanze della sua scelta, rimarcando l’autonomia del suo ruolo e della scuola e confermando di non dover produrre alcun atto formale che richiami il personale docente ad una ricollocazione del Crocifisso alle pareti delle aule, questo in nome di una laicità della scuola che egli sente di dover garantire anche nel rispetto di allievi professanti altre religioni. “Sta di fatto – chiude il sindaco – che attualmente, in otto classi, questo simbolo giace inspiegabilmente sulle cattedre delle insegnanti o in qualche cassetto”. Vicenda perlomeno bizzarra. Sul Crocifisso molti si sono espressi nel corso degli anni. Noi prendiamo in prestito le parole di Natalia Ginzburg. Che crediamo non abbia bisogno di presentazioni. La scrittrice e parlamentare del PCI scriveva negli anni Ottanta: “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che da duemila anni ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini.  Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli scolari? A me sembra un bene che i bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola” o ancora “Se uno solo dei bambini lo volesse, dargli ascolto e ubbidire. A un bambino che desidera un crocifisso appeso al muro, nella sua classe, bisogna ubbidire. Il crocifisso in classe non può essere altro che l'espressione di un desiderio. I desideri, quando sono innocenti, vanno rispettati”. La Ginzburg certamente non era cattolica, e faceva quindi parte di quelli che potrebbero sentirsi “non rispettati” dal Crocifisso. Ma erano gli anni Ottanta. Oggi fa molto “rivoluzionario” ergersi a paladino della laicità e di altre cause. Dimenticando forse l’enorme modernità della figura di Cristo, il quale, per dirla con Marco Travaglio (uno che di certo non scrive sull’Avvenire), rappresenta “un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno "scandalo" sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L'immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all'ingiustizia, ma soprattutto di laicità ("date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio") e gratuità ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno")”. Amen.

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