Questa settimana è dedicata al Noir, uno dei generi cinematografici più amati e controversi che vive il suo periodo d’oro dall’inizio degli anni quaranta e che, poco più di un decennio dopo, potrebbe già dirsi concluso. Il film scelto è Dark Passage, in italiano La Fuga, che in realtà è un esempio quantomeno originale di Noir perché presenta degli aspetti fortemente sperimentali. Ma andiamo con ordine.
La storia è quella di un evaso in fuga dalla polizia e contemporaneamente alla ricerca delle prove che lo scagionino dalle accuse di omicidio che gravano sulla sua testa. Per raccogliere tutti i dati che gli servono ha bisogno dell’aiuto di una donna, una splendida Lauren Bacall, che non sembra la classica femme fatale che irretisce e trascina l’uomo in trappola anzi, si rivela una complice discreta e affidabile. Quello che in Dark Passage è davvero interessante è che tutta la prima parte del film è girata in un soggettiva del protagonista, che non viene mai visto in volto fino al momento in cui riuscirà a farsi fare un’operazione di plastica facciale per cambiare identità. Il viso di Humphrey Bogart, in quegli anni uno degli attori più remunerativi del box-office, viene quindi celato prima da un uso originale della macchina da presa e da validi giochi di luce, e poi dalle bende che è costretto a portare dopo l’operazione; soltanto all’ultimo, poco prima della risoluzione della detection, il pubblico potrà finalmente vedere il divo, senza che queste scelte impediscano la giusta identificazione. La descrizione di una San Francisco notturna e insidiosa, il problema della visione, l’uso della voce fuori campo che esprime il pensiero del fuggiasco, la condizione di un eroe che non è più tale, perdendo addirittura la propria identità, sono tutti elementi caratterizzanti del genere; l’happy end invece non se lo aspetterebbe nessuno! Voto 7.
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